Nel terzo trimestre 2018 tutte e cinque le maggiori banche italiane hanno presentato conti in utile. Gli istituti di credito beneficiano degli effetti del processo di ristrutturazione in atto, secondo le linee fissate dai business plan in corso, e i cui effetti si vedono nel sensibile calo dei costi e nella riduzione delle rettifiche sui crediti deteriorati. Quanto ai ricavi, il margine di interesse inizia a dare segni di miglioramento, mentre la volatilità dei mercati ha penalizzato le commissioni nette. Molti gli elementi straordinari che hanno influenzato gli utili.
La fotografia dell’andamento delle prime cinque banche italiane nel terzo trimestre 2018 non è di facile lettura perché è molto influenzata da componenti straordinarie e contabili, derivanti dall’introduzione del principio dell’Ifrs9, che rendono meno significativo il raffronto tra diversi istituti e, per ogni singolo istituto, con i propri conti dell’anno precedente.
Cercando comunque di estrapolare dai dati alcune osservazioni, la notizia positiva è che tutte le banche in esame nel terzo trimestre 2018 hanno presentato conti in utile, seppur in alcuni casi risicato.
Il maggior profitto è stato ottenuto da Intesa Sanpaolo, che ha registrato un utile netto di 833 milioni, cifra pari al 20% dei ricavi, e si è mostrata non solo come la banca più redditizia del campione, ma anche come quella meno soggetta a imprevisti.
Il secondo migliore risultato è stato ottenuto da Banco Bpm con un utile netto di 178 milioni, in forte miglioramento rispetto al risultato negativo di 42 milioni dell’anno precedente. Il dato, tuttavia, include la plusvalenza di 200 milioni relativa alla cessione della banca depositaria.
Il terzo miglior profitto spetta a Mps con 91 milioni, un risultato non paragonabile con quello dell’anno precedente che includeva voci straordinarie e che testimonia gli effetti positivi dello sforzo di attuazione del piano di ristrutturazione.
In quarta posizione troviamo UniCredit che è incappato nella crisi della Turchia e ha effettuato una svalutazione straordinaria della propria partecipazione nella banca turca Yapi per 846 milioni che hanno quasi azzerato l’utile netto, che si è fermato a 29 milioni.
Infine, Ubi ha registrato un risultato netto di 1,6 milioni, dopo aver spesato oneri non ricorrenti per 36,9 milioni, relativi al nuovo accordo sindacale per l’uscita di ulteriori 369 risorse, e dopo aver contabilizzato 65,3 milioni di costi straordinari sulla cartolarizzazione da 2,8 miliardi di sofferenze.
Nella tabella seguente riportiamo il raffronto tra i conti economici delle 5 maggiori banche italiane.
Il margine di intermediazione delle cinque maggiori banche quotate a Piazza Affari mostra andamenti molto differenti che spaziano da un calo del 40% di Mps a una crescita del 22% di Banco Bpm, ma in entrambi i casi i numeri sono influenzati da componenti straordinarie legate ad alcune poste positive legate al burden sharing nei conti del 2017 della banca di Siena e per la plusvalenza relativa alla cessione della banca depositaria per Banco Bpm.
Quello che si nota nel trimestre in corso è la ripresa della crescita, per alcune banche, del margine di interesse, mentre le commissioni hanno risentito della volatilità dei mercati finanziari.
Focalizzando l’attenzione sui ricavi core, si nota che il miglior risultato è stato messo a segno da UniCredit, che ha registrato una crescita del 5,3% dei ricavi caratteristici trainata da un incremento del 7,2% del margine di interesse grazie a un miglioramento della componente commerciale e al maggior contributo del portafoglio investimenti/markets & treasury. Per UniCredit in controtendenza rispetto ai competitor anche le commissioni che crescono del 2,3% grazie soprattutto al boom (+10%) delle fee da servizi transazionali per servizi da conto corrente e carte, che compensano le inferiori commissioni di investimento.
In leggero calo i ricavi core di Intesa Sanpaolo (-1,2%), che hanno risentito della cessione del portafoglio crediti deteriorati da 10,8 miliardi a Intrum. Senza il venir meno della contabilizzazione del time value su tale componente, la crescita del margine di interesse sarebbe stata del 2,7% anziché dello 0,9 per cento. In calo le commissioni del 3%, poiché la crescita della componente transazionale (+4%) non è riuscita a compensare la discesa delle commissioni da intermediazione e collocamento titoli.
Per Banco Bpm la componente core cresce del 2,6%, ma sarebbe stata flat senza il beneficio sugli interessi dell’Ifrs9, anche in questo caso le commissioni sono state congelate dall’andamento dei mercati finanziari.
Infine, in calo i ricavi di interessi e commissioni per Mps. La contrazione è enfatizzata dalla presenza nel margine di interesse del 2017 di 51 milioni straordinari legati al burden sharing, senza i quali la diminuzione si ridurrebbe all’1,4%, impattata dalla diminuzione di volumi e dalla competizione sui tassi. Da notare anche la riduzione degli interessi sui crediti deteriorati dopo l’operazione di cartolarizzazione da 24 miliardi. Stabili le commissioni (-0,6%).
I dati di Ubi non sono raffrontabili con quelli dell’anno precedente, come ha precisato la banca stessa.
In netta discesa i costi per tutte le 5 banche con Banco Bpm e Mps che spingono maggiormente l’acceleratore sui risparmi (-10% i costi per entrambe).
Bene il risultato lordo di gestione per Intesa Sanpaolo e UniCredit, mentre per Banco Bpm e Mps il dato risente delle componenti straordinarie.
In netta discesa le rettifiche su crediti con percentuali comprese tre il 19% e il 34%, a testimonianza del grande sforzo che le banche stanno compiendo per ridurre il costo del credito. UniCredit non ha ridotto le rettifiche, ma il suo livello di costo del rischio è in linea con il piano.