Creval ha archiviato i primi nove mesi del 2018 con un utile netto di 11,4 milioni, a fronte di un rosso di 402,6 milioni riportato nel periodo di confronto. Un risultato che riflette il calo del margine di intermediazione a 506,5 milioni (-8,5% a/a) e un costo one off di 63,5 milioni legato alla riduzione del personale, ma che beneficia di rettifiche su crediti ridotte a 13,1 milioni, di 15,4 milioni di badwill legato all’acquisto di Claris Factor e di 30,9 milioni di recupero imposte. Alcune voci sono state influenzate anche dall’introduzione del principio contabile Ifrs9.
“Dopo un primo semestre che ha visto la banca impegnata nel raggiungimento degli obiettivi previsti nel piano 2018-2020 in termini di rafforzamento patrimoniale, de-risking e razionalizzazione della struttura organizzativa, nel terzo trimestre abbiamo ricevuto da Banca d’Italia l’autorizzazione all’utilizzo ai fini prudenziali dei nostri modelli interni per la misurazione dei rischi di credito ai quali Creval stava lavorando da tempo”. È con queste parole che Mauro Selvetti, Ad di Creval, ha commentato i risultati dei primi nove mesi.
“L’implementazione di tali modelli – prosegue il manager – “consente a Creval di rafforzare ulteriormente la “credit discipline” – migliorando asset quality e bilanciamento rischio/rendimento nell’erogazione del credito – oltre a irrobustire ulteriormente la sua solidità patrimoniale”.
“Sul fronte dell’attività commerciale, seppur condizionata dalle numerose operazioni straordinarie poste in essere quest’anno e dalle recenti tensioni dei mercati finanziari, vi sono segnali incoraggianti che arrivano dai volumi di credito erogato”, ha concluso Selvetti.
Il margine di intermediazione di Creval, nei primi nove mesi del 2018, si è attestato a 506,5 milioni (-8,5% a/a).
Il margine di interesse è sceso invece a 274,4 milioni (-6,9% rispetto al periodo di confronto), risentendo del minore apporto del portafoglio titoli, nonché degli impatti legati all’introduzione del principio contabile Ifrs9 e all’attività di de-risking implementata.
Calo più contenuto per le commissioni nette a 205,8 milioni (-3,5% su base annua), per effetto sia di minori proventi rivenienti dal comparto dell’intermediazione creditizia sia del minore contributo delle commissioni di gestione, intermediazione e consulenza. Queste ultime sono state penalizzate dall’andamento negativo dei mercati a partire dal secondo trimestre 2018.
I costi operativi sono aumentati a 420,7 milioni (+28,4% rispetto ai primi nove mesi del 2017). Nel dettaglio, le spese per il personale sono salite a 259,8 milioni (+28,4% a/a), includendo 63,5 milioni di oneri non ricorrenti relativi al piano di esodi anticipati relativi all’accordo sindacale siglato il 16 aprile scorso. Al netto di tale voce e di altri oneri non ricorrenti, il costo del lavoro sarebbe diminuito del 6,5 per cento. In calo, invece, gli altri costi a 160,9 milioni (-8,9% rispetto al periodo gennaio-settembre 2017), che comprendono 16,2 milioni legati a oneri di sistema e 6,1 milioni correlati alla cartolarizzazione degli Npl ceduti.
Tali dinamiche hanno portato a un risultato lordo di gestione di 85,8 milioni (-50,8% rispetto ai primi nove mesi del 2017).
Dopo rettifiche su crediti per 13,1 milioni (impattate dall’introduzione del principio contabile Ifrs9 e perciò non comparabili con i 387,1 milioni del periodo di confronto), il risultato netto di gestione si è attestato a 72,8 milioni (contro un rosso di 212,6 milioni nel periodo gennaio-settembre 2017).
I primi nove mesi 2018 si sono chiusi con un utile netto di 11,4 milioni (contro una perdita di 402,6 milioni ), dopo aver beneficiato di 15,4 milioni legati al badwill generato dall’acquisizione di Claris Factor e di 30,9 milioni di recupero di imposte.
Dal lato patrimoniale, gli impieghi salgono a 25 miliardi (+7,9% rispetto al 31 dicembre 2017) grazie alla crescita dei crediti verso la clientela a 21,6 miliardi (+29,4% rispetto a fine 2017) anche a seguito delle modifiche apportate dopo l’introduzione dell’Ifrs9. I crediti deteriorati netti, al cui interno le sofferenze si attestano a 230,3 milioni (-65% rispetto al 31 dicembre 2017) con una copertura pari al 71,3% (62,3% a fine 2017) e le inadempienze probabili a 666,8 milioni (-53,6% rispetto al 31 dicembre 2017) con un coverage ratio del 38,8% (33,6% a fine 2017), si riducono a 990,3 milioni (2,2 miliardi a fine 2017), con un livello di copertura pari al 50,4% (45,3% a fine 2017). La diminuzione è conseguenza delle cessioni finalizzate. L’aumento delle coperture è stato effettuato sfruttando la first time adoption del nuovo principio contabile Ifrs 9 entrato in vigore il 1° gennaio 2018.
La raccolta aumenta a 24,4 miliardi (+6,3% rispetto al 31 dicembre 2017), grazie alla crescita di quella proveniente dalla clientela a 20,3 miliardi (+3,4% rispetto a fine 2017).
Sul fronte della solidità patrimoniale, il Cet1 phased in a fine settembre si fissa al 16,8% (10,6% al 31 dicembre 2017). L’aumento è dovuto anche al successo dell’aumento di capitale da 700 milioni e ai benefici apportati dal via libera di Bankitalia all’utilizzo dei modelli interni.