Mattinata difficile per il Giglio Group che, intorno alle 10.10, cede il 9,35% scambiando a 2,23 euro, mentre arretra dell’1,76% l’indice del settore Media e dell’1,84% il Ftse Star Italia.
Una performance riconducibile ai timori degli investitori in merito alla possibile contrazione dei ricavi della società attiva nell’e-commerce 4.0 qualora entrasse in vigore la web tax.
Nel dettaglio, l’imposta sui ricavi digitali, introdotta con la legge di Bilancio 2018, è ferma al palo e rischia di trasformarsi, senza un intervento immediato del Governo, in un “prelievo a perdere”. E non solo per lo Stato ma per l’intero settore dei servizi digitali chiamati, in caso di mancati correttivi, a corrispondere un’imposta che, secondo l’associazione Netcomm, è ad “alto potenziale distorsivo sull’economia, andando a tassare i ricavi delle imprese digitali e non gli utili”.
L’Italia, dal 1° gennaio 2019, dovrà trovare il modo di coprire i 190 milioni attesi dalla sua web tax, mai attuata. Fino ad allora si valutano le varie proposte come quella inizialmente avanzata dalla Lega che proponeva di cancellare la formulazione attuale e introdurre un prelievo su tutto il mondo digitale, nessuno escluso, del 6% sui corrispettivi anziché del 3% sulla singola transazione.
Uno studio proposto da Netcomm, in collaborazione con Prometeia, ha combinato diverse ipotesi sulla definizione della base imponibile della web tax, l’eventuale traslazione dell’imposta sugli acquirenti finali dei servizi di e-commerce, gli effetti dell’aumento dei prezzi sulla domanda di servizi di e-commerce B2B, nonché l’impatto dell’imposta sui margini operativi e sugli investimenti delle imprese.
Nello scenario di maggiore impatto, con ipotesi di traslazione completa dell’imposta, maggiore elasticità della domanda ai prezzi, effetti sugli investimenti e base imponibile più ampia, in un triennio la produzione risulterebbe inferiore fino a circa 2 miliardi rispetto allo scenario base senza imposta, con un’incidenza dello 0,06% sulla produzione complessiva dell’economia, mentre l’impatto negativo sull’occupazione del settore arriverebbe a una perdita di circa 17mila addetti, lo 0,07% del totale di riferimento, a fronte di un maggior gettito fiscale di poco superiore a 250 milioni.
“I dati della ricerca riflettono le preoccupazioni più volte espresse da Netcomm in merito all’applicazione di una tassazione che contribuirebbe ad allargare il gap sulla competitività con gli altri paesi europei e sui mercati internazionali”, spiega Roberto Liscia, Presidente Netcomm.
Concludendo “Non dimentichiamo che il settore dell’e-commerce in Italia da diversi anni continua a crescere a due cifre rispetto al canale fisico, con un impatto sul Pil dell’1,6%, facendo registrare una bilancia positiva dell’export che oggi è di circa 4 miliardi di euro e contribuendo a creare posti di lavoro con un alto livello di alfabetizzazione”.