Auto – Tensioni commerciali e protezionismo affossano il settore nel 2018

Nel 2018 il Ftse Mib registra un calo del 16,1% a 18.324 punti, in un contesto di incertezza politica iniziato con le elezioni di marzo, che hanno portato alla formazione del governo Lega-M5S, e proseguito con il successivo scontro con l’Unione europea sulla legge di bilancio 2019.

Una diatriba terminata solo in dicembre con un’intesa che ha evitato l’avvio di una procedura di infrazione per debito eccessivo ai danni dell’Italia, ma che ha avuto effetti negativi sullo spread e di conseguenza sul settore bancario.

A livello internazionale, invece, l’anno è stato caratterizzato soprattutto dal conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina e dai timori sul rallentamento della crescita globale, che hanno innescato, soprattutto nell’ultimo trimestre, una fase di forte volatilità sui mercati finanziari.

Le preoccupazioni sull’outlook dell’economia hanno appesantito un settore ciclico come l’automotive, già sotto pressione per le politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump che hanno minacciato un aumento dei dazi sull’importazione di auto sia dall’Europa che dalla Cina.

Fattori che hanno portato diversi player del comparto a lanciare dei profit warning, in un contesto in cui i risultati sono stati spesso penalizzati dal Forex e da un aumento del costo delle materie prime, solo in parte compensati dal miglioramento del mix prodotto.

Il Ftse Italia Automobili e Componentistica ha registrato un -12%, facendo meglio del corrispondente indice europeo. Tra le big del comparto Ferrari è riuscita a limitare le perdite al -0,8% grazie soprattutto al rally della prima parte dell’anno che ha portato il titolo a toccare un nuovo massimo storico in giugno a un passo da quota 30 euro.

Le azioni della Rossa hanno però cancellato i guadagni nella seconda parte dell’esercizio, quando la volatilità del mercato ha penalizzato soprattutto quei titoli che avevano raggiunto valutazioni elevate.

Fca, invece, ha registrato un ribasso del 14,9% con la speculazione su eventuali operazioni straordinarie compensata dalla generale debolezza del settore nella seconda parte dell’anno, quando il gruppo ha annunciato la vendita di Magneti Marelli.

Le due società hanno inoltre presentato i nuovi piani industriali, rispettivamente in giugno  la casa di Detoit e in settembre la Rossa di Maranello. I titoli della galassia Agnelli sono stati inoltre scossi dalla prematura scomparsa di Sergio Marchionne in luglio, sostituito da Mike Manley in Fca e da Louis Camilleri in Ferrari.

In calo del 29,7% Cnh, scesa in dicembre sui minimi di circa 2 anni nonostante nel corso dell’esercizio abbia riportato una buona crescita dei risultati.

La guerra dei dazi ha invece penalizzato in particolare i titoli della componentistica come Brembo e Pirelli, anche se a differenza di molti competitor, soprattutto per quanto riguarda il gruppo della Bicocca, non sono stati fatti profit warning.

Lo stesso discorso di Brembo vale anche per Sogefi, che nel corso dell’anno ha lasciato sul terreno il 64,3 per cento.

In ribasso anche Piaggio (-20,4%), e di conseguenza la holding Immsi (-43%), che negli ultimi mesi dell’anno ha lanciato sul mercato la prima Vespa elettrica.

Nel segmento delle piccole capitalizzazioni, male Carraro (-56,7%) e Landi Renzo (-28,4%), quest’ultima nonostante il turnaround a livello di utili. Anno positivo, invece, per Pininfarina (+14,4%).