Mondadori – Possibile delisting per proseguire la trasformazione industriale

Nelle sedute conclusive del 2018, a Piazza Affari sono iniziati a circolare rumors circa un possibile delisting di Mondadori dopo 25 anni. Voci alimentate dal rally messo a segno dal titolo nel corso dell’ultima settimana (+16%) ma immediatamente smentite da Fininvest.

Uscire dalla Borsa comporterebbe per la società di Segrate un costo di circa 200 milioni (il flottante è intorno al 35%) e la cassaforte della famiglia Berlusconi, che detiene il 53%, potrebbe essere affiancata da un socio di capitale, ad esempio un fondo di private equity.

A livello industriale, un addio a Borsa di Mondadori avrebbe senso. Basti pensare il crollo registrato dal titolo dal 2005, quando valeva 8,5 euro, ad oggi (1,8 euro), per una capitalizzazione di 400 milioni.

La casa editrice è infatti molto sottovalutata e Fininvest potrebbe riprendersi, con l’appoggio di un socio finanziario, a un prezzo da saldo un’azienda che secondo numerose stime vale molto di più.

Inoltre, bisogna considerare la trasformazione industriale in atto della società dopo il matrimonio con la Rizzoli Libri, che sta spingendo sempre più la casa editrice di Segrate verso l’editoria dei libri, e l’abbandono sempre più evidente della sezione dedicata ai periodici, dopo la cessione di Panorama e la cessione del ramo francese di Mondadori dedicato alle riviste.

Un delisting potrebbe quindi essere coerente con tale strategia di sviluppo, vista l’ansia da trimestrali che si vive in Borsa e la necessità di tempo da dedicare alla suddetta trasformazione, che porterà Mondadori ad essere sempre più un Book Publisher paneuropeo nel medio termine.

A tal punto si spiegherebbe l’arrivo di un fondo di private equity o di un partner finanziario interessato a partecipare a un turnaround per poi magari riportare, meglio di prima, a Piazza Affari la casa editrice, come successe nel caso Pirelli.