Nel 2018 il giro d’affari della moda maschile italiana ha sfiorato i 9,5 miliardi, in crescita dell’1,5% sul 2017, un incremento però dimezzato rispetto all’anno precedente (+3,4%).
Il valore del business si riferisce per il 17,5% alla filiera tessile-moda nazionale e per il 27,9% all’abbigliamento.
A livello di linea di prodotto, l’anno appena trascorso ha visto l’export di confezione maschile mettere a segno un +3,8%, con la maglieria che si è confermata la migliore (+10,3%). Trend opposto è stato seguito dall’abbigliamento in pelle (-4,2%), dalla camiceria (-1,1%) e dalle cravatte (-9,6%).
Nel complesso il trend dell’export dell’industria italiana della moda maschile ha trainato il fatturato, con vendite oltreconfine salite del 3,9%, secondo le stime preliminari di Confindustria Moda, portando il peso dell’export sul fatturato dal 65% del 2017 al 67% del 2018, livello di rilievo che nessun altro business della moda vanta..
In termini di area geografica, l’export di menswear italiano è stato maggiormente assorbito in valore assoluto a livello europeo da Germania, Regno Unito, Francia e Svizzera, con ciascuno che impatta per circa il 10 per cento. Gli Usa pesano per l’8,4%, mentre la Cina continentale assieme a Hong Kong incidono per il 9,2 per cento sull’export nazionale.
In calo, invece, il fatturato sul mercato interno (-4,6% la stima sui consumi finali 2018).
In merito alla distribuzione, il dettaglio tradizionale italiano è risultato ancora in calo (-8% nella stagione in esame). Andamento analogo è stato seguito dal canale digitale (-1,4%), dopo la buona intonazione realizzata nel corso dell’autunno-inverno 2016/17 (+47,2%). Infine, il canale tradizionale e l’online presentano una quota di mercato rispettivamente del 26,5% del mercato e del 7 per cento.
In occasione dell’apertura di Pitti Uomo, fiera evento di riferimento mondiale della moda maschile, in un’intervista rilasciata a MF Fashion il presidente di Pitti Immagine, Claudio Marenzi, ha fatto il punto sul 2018 sottolineando che “il primo semestre si è chiuso con un export in aumento del +5,5%, ma la performance annua risulta in decelerazione, visto il rallentamento che si è verificato a partire dall’estate”.
Marenzi ha poi aggiunto che “Oltre a ciò, i consumi nazionali mostrano una dinamica tra le peggiori registrate dal 2013”.