Titoli UniCredit in rialzo a Piazza Affari, in controtendenza rispetto all’indice del settore che cede lo 0,3 per cento. Attorno alle 12:30 le azioni della banca guidata da Jean Pierre Mustier segnano un leggero incremento pari allo 0,5% a 10,6 euro, a differenza dei titoli delle principali banche su cui prevalgono le vendite.
Proprio UniCredit è oggi al centro di alcuni rumor che la indicano come uno degli istituti che potrebbe fungere da partner per un’aggregazione di Carige, ma solo a condizioni favorevoli.
Secondo le indiscrezioni riportate da Reuters, l’istituto di piazza Gae Aulenti sarebbe stato contattato da advisor e autorità per sondare l’interesse per un’eventuale acquisizione della banca ligure. Un’operazione sulla quale anche la Bce fa pressioni affinché Carige trovi un partner in grado di garantire la stabilità futura.
Secondo i rumor, i vertici di UniCredit avrebbero escluso la possibilità di prendere in considerazione un’operazione effettuata a prezzi di mercato.
Tuttavia, a determinate condizioni, che potrebbero ricalcare quelle utilizzate dall’operazione effettuata da Intesa Sanpaolo con le ex banche venete, il dossier potrebbe essere esaminato.
Nel caso delle venete, Intesa Sanpaolo ha rilevato alcune attività e passività degli istituti in liquidazione al prezzo formale di un euro, dopo aver ricevuto una dotazione pubblica di 3,5 miliardi, più altre garanzie, per compensare l’impatto sui coefficienti patrimoniali e aver escluso i crediti deteriorati che sono stati presi in gestione dalla Sga.
Nonostante UniCredit abbia sempre sottolineato che il piano triennale è basato su una crescita organica, l’acquisto di Carige a condizioni particolarmente favorevoli potrebbe rappresentare un’occasione per l’istituto.
Carige, secondo alcune stime, potrebbe portare in dote circa 1,5-2 miliardi di benefici per l’eventuale acquirente, derivanti da effetti fiscali (Dta), dal venire meno degli add on sul capitale e dall’adozione dei modelli interni di valutazione dei crediti.
UniCredit, peraltro, non ha una presenza così massiccia in Liguria, dove possiede una cinquantina di sportelli, e nella classifica per numero di filiali si pone alle spalle, oltre che ovviamente di Carige leader incontrastato, di Banco Bpm, che aveva acquistato il Banco di Chiavari e della Riviera e detiene una quota del 13% del mercato della regione, di Intesa Sanpaolo, che dopo l’operazione venete non rientra tra i candidati, e al Crédit Agricole, del cui gruppo fa parte Carispezia.
Dopo UniCredit segue Ubi che, pur essendo indicata tra i papabili ha smentito ogni interesse, detiene in Liguria una quota di mercato del 5,1 per cento.
Certo un’operazione che ricalchi il modello delle venete dovrebbe superare non pochi ostacoli per vedere luce. Innanzitutto, dovrebbe trovare l’appoggio del principale azionista, la famiglia Malacalza, che pare difficile possa dare il proprio assenso a una cessione praticamente a zero.
In secondo luogo, si deve vedere quale soggetto potrebbe decidere di fornire il supporto patrimoniale. Quasi impensabile pensare che sia il principale socio, che ha già investito e potrebbe non rivedere, 420 milioni e che, in caso di partecipazione al nuovo aumento di capitale da 400 milioni, sarebbe chiamato a versare una quota di 120 milioni.
Nell’ipotesi in cui Malacalza desse il proprio via libera all’aumento di capitale ma non vi partecipasse, uscendo in pratica dai giochi senza alzare la posta in gioco del proprio investimento, la ricapitalizzazione potrebbe essere garantita, almeno in parte, dalla conversione del prestito subordinato da 320 milioni versato dalle banche. Anche in questo caso gli istituti di credito potrebbero non vedere bene un’operazione in cui gli oneri sono sostenuti dal sistema e che finisca per avvantaggiare un concorrente. Ossia la banca che poi conclude l’operazione.
Infine, per quanto riguarda l’intervento pubblico, sia Lega sia Movimento 5 Stelle hanno dichiarato di voler mettere soldi solo per poi poter controllare la banca, non certo per supportarne il traghettamento verso un altro istituto di credito.