La gestione del ciclo integrato dell’acqua, balzata agli onori delle cronache per la contrapposizione delle due proposte di legge presentate da PD e M5S, è questione aperta in tema di grandi opere infrastrutturali.
Come riportato nel recente documento dell’Arera, pubblicato lo scorso 8 gennaio, “mentre “l’AC 773 – proposta PD – si mantiene entro il percorso di rinnovo e riqualificazione del settore segnato dalla normativa vigente, l’AC 52 – proposta M5S – opera scelte che spesso invertono la direzione finora seguita in materia, con l’intenzione di avviare riforme che rivedono nuovamente l’assetto e la governance dell’intero comparto”.
In altri termini, la proposta di legge M5S intende “il SII – servizio idrico integrato – come un servizio pubblico locale di interesse generale non economico, stabilendo che l’affidamento del SII avvenga esclusivamente ad enti di diritto pubblico, anche con disposizioni finalizzate alla sua ripubblicizzazione”.
L’Arera, l’autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, in accordo con le due proposte di legge, riconosce il diritto all’acqua potabile di qualità, oltre alla fruizione dei servizi igienico-sanitari quale diritto umano essenziale.
Aspetto centrale è rappresentato dal finanziamento degli investimenti. Se da un lato la proposta PD “prevede che il finanziamento del SII sia garantito dalla tariffa e da un rafforzamento dell’impiego di risorse nazionali ed europee”, dall’altro il M5S punta a “che la tariffa copra gli oneri operativi e la fiscalità generale la spesa per investimento”.
Il sistema vigente ha fatto sì che negli ultimi cinque anni, cioè da quando l’Arera ha assunto la regolazione del settore, gli investimenti pianificati siano triplicati passando dai 1.130 milioni del 2013 ai 3.577 milioni del 2018, di cui più dell’80% deriva dalla tariffa (con 493 milioni vincolati al miglioramento della qualità di servizio e reti) e meno del 20% da contributi pubblici. Inoltre, il tasso di realizzazione degli investimenti previsti si è incrementato notevolmente, passando dal 50% negli anni ante regolazione a circa l’80% attuale.
Qualora la proposta di legge M5S andasse in porto, lo Stato dovrebbe farsi carico di rilevanti costi derivanti dalla pubblicizzazione della gestione del ciclo integrato dell’acqua.
Come si apprende da un articolo de “Il Sole24 Ore”, alcuni centri di ricerca (Ref Ricerche, Oxera) concordano nello stimare che tali spese possano ammontare a circa 15 miliardi una tantum, cui vanno aggiunti ulteriori 6-7 miliardi di costi aggiuntivi annuali.
Nel dettaglio, per Ref Ricerche i costi una tantum del passaggio di regime sono quantificabili in 10,6 miliardi per il rimborso dei finanziamenti accesi dai gestori e 4-5 miliardi per l’indennizzo ai gestori estromessi. A questi si aggiungerebbero costi ricorrenti annuali per 2 miliardi per garantire il minimo vitale gratuito per tutti (la proposta M5S prevede 50 litri al giorno per abitante) e 5 miliardi l’anno di risorse pubbliche per gli investimenti in sostituzione della copertura tariffaria.
Per Oxera i costi una tantum ammonterebbero a 8,7-10,6 miliardi per la cessazione delle convenzioni, 3,2 miliardi per il rimborso del debito finanziario, 0,7 miliardi per il rimborso del debito a carico degli enti locali, 2 miliardi di mancato incasso dei canoni di concessione. Si aggiungono tra i 4 e i 5,8 miliardi di costi annuali per finanziare investimenti pubblici (2,3-4,1 mld) e consumo minimo vitale (1,7 mld).
Il rischio latente è rappresentato pertanto da un calo delle risorse destinate a futuri investimenti, peraltro necessari per fare fronte da un lato, al c.d. water service divide tra Centro-Nord Italia e Sud e Isole, dall’altro a una rete sempre più vecchia, con perdite che, come si legge da “Il Sole24 Ore”, restano molto elevate (al 41%, con punte del 51% al Sud).
Arera, in chiusura del documento pubblicato la scorsa settimana, sottolinea come debba ritenersi necessario il permanere di “una governance stabile e indipendente, che eviti gli elementi di sovrapposizione tra i diversi elementi istituzionali, e di un sistema di regole certe, affinché tutti gli attori del settore possano compiere le proprie scelte perseguendo l’obiettivo dell’efficienza a beneficio del consumatore”.