Carige – Anche per Bankitalia un’aggregazione è la soluzione migliore

Per Carige “un’operazione d’aggregazione rappresenta la soluzione più adeguata ed efficace per preservare tali valori e sfruttare le potenzialità inespresse, salvaguardando nel contempo sia i depositanti sia le famiglie e le imprese finanziate dalla banca”.

È quanto ha affermato nel corso di un’audizione al Parlamento Fabio Panetta, vice direttore generali di Banca d’Italia, il quale ha aggiunto che “secondo le indicazioni provenienti dal MVU la via maestra per Carige resta quella del risanamento mediante il ricorso al mercato e di una soluzione aggregativa”.

“È auspicabile che la ricerca di un partner, deliberata dal cda di Carige  lo scorso novembre, si concluda con esito positivo in tempi contenuti. Per agevolare la ricerca e’ importante procedere speditamente nelle iniziative di ristrutturazione aziendale avviate dai commissari straordinari”, ha aggiunto l’esponente dell’autorità di vigilanza.

“La banca ha una serie di punti di forza che possono essere sfruttati per cui non è velleitario cercare un partner commerciale. La banca ha un livello di capitalizzazione attorno al 12%-13 per cento. Carige utilizza il criterio standard per valutare la rischiosità dei suoi impieghi, ma se venisse acquisita da una banca che usa i cosidetti modelli, la valutazioni della rischiosità delle sua attività cambierebbe e diventerebbe più bassa”, ha sottolineato il vice direttore di Bankitalia.

“La banca ha poi add-on sul capitale determinato dalla vigilanza per il fatto che Carige è una banca debole. Se confluisse in un intermediario più grande l’add-on si ridurrebbe”, ha aggiunto l’esponente della Vigilanza.

Per la banca – ha sottolineato Panetta – “lo strumento della ricapitalizzazione precauzionale è una extrema ratio cui si può ricorrere solo qualora l’auspicato rafforzamento patrimoniale dell’intermediario non possa essere realizzato altrimenti. Gli interventi pubblici di sostegno contemplati dal decreto legge sono destinati a una banca solvibile”.

Gli stessi concetti erano stati espressi lo scorso 9 gennaio anche dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, in un question time sempre alla Camera.