L’Opa annunciata da SolarEdge nei confronti di Smre sta agitando in questi giorni l’Aim, provocando proteste da parte di alcuni fondi e banche d’investimento attive sul mercato.
Lo riporta Milano Finanzia, che cita il malumore di diversi fondi, a partire da quella Kairos che con il suo 5,04% del capitale è il secondo azionista di Smre.
La questione sollevata dall’operazione riguarda principalmente la necessità di fornire chiarezza sulle modalità di delisting di una società dall’Aim Italia con l’implicita necessità garantire la corretta tutela agli azionisti.
SolarEdge, dopo aver raggiunto il 56,78% del capitale di Smre acquistando le azioni dai maggiori azionisti, si appresta infatti a lanciare un Opa totalitaria al prezzo di 6 euro per azione al fine di delistare il titolo.
Il prezzo di 6 euro è pari a quanto corrisposto ai soci di maggioranza, il cui pagamento è avvenuto metà in cash e metà in azioni della capogruppo della società Usa quotata al Nasdaq. Tale prezzo, tuttavia, risulta inferiore a quello di borsa al momento dell’annuncio dell’Opa, pari a 6,12 euro il 7 gennaio scorso.
Lo scopo dell’operazione è il delisting, che potrebbe avvenire anche tramite la fusione della società quotata con un veicolo finanziario, SolarEdge Investment srl, non quotato.
Tali operazioni, il delisting e la fusione con società non quotate, però, richiedono un consenso superiore al 90% del capitale, come precisato dalla Borsa Italiana in una nota inviata ieri all’emittente.
Al momento SolarEdge non parrebbe disporre di tale quorum, viste le dichiarate posizioni contrarie alle operazioni di alcuni fondi che nel complesso superano la soglia del 10 per cento.
Entrambe le delibere, secondo quanto stabilito nel documento di offerta dell’acquirente, non garantirebbero agli azionisti di minoranza il diritto di recesso. E questo è un altro punto che ha sollevato alcuni dubbi. Il prezzo di recesso, se calcolato secondo la media delle quotazioni del titolo nei sei mesi precedenti all’offerta, sarebbe pari a 6,23 euro.
In ogni caso Smre ha fatto sapere in una nota che “comunicherà le proprie valutazioni rispetto a quanto sopra (la necessità del quorum del 90% anche per la delibera di fusione come precisato dalla Borsa Italiana ndr), previo svolgimento di tutte le necessarie od opportune attività istruttorie”.
I fondi si trovano quindi di fronte a una duplice possibilità. Accettare i 6 euro dell’offerta, prezzo che potrebbe rappresentare anche una buona way out per chi ha comprato il titolo al debutto sul listino a 2,5 euro. Oppure opporsi all’operazione.
In questo caso però vi sarebbe un duplice rischio. Trovarsi in mano un titolo dallo scarso flottante, in caso di mancata approvazione dell’operazione, ovvero possedere le azioni di una società non quotata, in caso di approvazione della fusione.
La convenienza o meno di accettare l’offerta a 6 euro dipende dal prezzo di carico. Le azioni sono state collocate il 20 aprile 2016 a 2,5 euro e per un anno sono state poco mosse, schizzando sopra la soglia dei 6 euro nel marzo 2017. Da quel momento hanno oscillato tra un massimo di 7,44 euro toccato il 26 maggio 2017 e il minimo di 4,54 euro segnato il 4 maggio 2018.
Nel grafico seguente riportiamo l’andamento di Smre a piazza Affari dal suo debutto sul listino.