doBank ha archiviato il 2018 con ricavi, Ebitda e utile netto in significativa crescita. Nello specifico, il giro d’affari è salito a 233,5 milioni in termini lordi (+9,3% rispetto all’anno precedente), mentre Ebitda e utile netto reported sono saliti rispettivamente a 81,3 milioni (+16% a/a) e a 50,9 milioni (+13% rispetto al 2017).
“Nel 2018 sono stati compiuti importanti passi avanti nella realizzazione del nostro business plan sia a livello organico, con un’Ebitda in crescita del 20% e una generazione di free cash flow per oltre 65 milioni, sia tramite M&A”.
È con queste parole che Andrea Mangoni, Adi di doBank, ha commentato i risultati del 2018.
doBank ha archiviato il 2018 con ricavi consolidati lordi pari a 233,5 milioni (+9,3% rispetto al periodo di confronto). Al netto di commissioni passive per 23,9 milioni (+18,7% a/a), il giro d’affari ha toccato 209,6 milioni (+8,4% rispetto al 2017).
I ricavi da servicing sono saliti a 205,5 milioni (+5,5% annuo), principalmente per le maggiori performance fee, correlate all’andamento di incassi e asset under management, e per la corresponsione di indennizzi da cessioni di portafogli da parte dei clienti mandatari.
Il giro d’affari generato da prodotti ancillari e attività minori ha toccato 28 milioni (+49% rispetto al 2017). A tale performance hanno contribuito i proventi dei titoli ABS delle due cartolarizzazioni Romeo SPV e Mercuzio Securitisation e la crescita registrata nei ricavi da servizi di business information, due diligence, master servicing e data remediation, nonché il rimborso delle spese sostenute dalla branch greca doBank Hellas legate alla gestione del contratto con le quattro banche sistemiche, pari a 3,2 milioni.
I costi operativi sono cresciuti a 128,3 milioni (+4,1% annuo), in maniera meno che proporzionale rispetto ai ricavi nonostante l’avvio di nuove iniziative in Grecia e Italia, a testimonianza della leva operativa di cui beneficia il gruppo. Nello specifico, le spese del personale hanno raggiunto 94,1 milioni (+12,7% rispetto al 2017), per effetto del rafforzamento nel top management e all’introduzione del nuovo sistema incentivante post quotazione, mentre le spese amministrative sono diminuite a 34,2 milioni (-14,2% a/a) in seguito alla riduzione dei costi IT, al minore ricorso a servizi in outsourcing, per il venire meno di attività progettuali presenti nel 2017 e alle efficienze di costo nelle spese generali.
Tali dinamiche hanno portato a un’Ebitda pari a 81,3 milioni (+16% rispetto al periodo al 2017). Escludendo dal computo gli oneri non ricorrenti, pari a 2,7 milioni inclusivi dei costi di start-up per l’avvio delle attività in Grecia, lo sviluppo del business Utp in Italia e parte dei costi legati all’attesa acquisizione di Altamira, l’Ebitda si sarebbe attestato a 84 milioni.
Dopo avere contabilizzato alcune rettifiche, l’Ebit si è fissato a 80 milioni (+17,1% rispetto all’anno precedente).
Il periodo si è chiuso con un utile netto di 50,9 milioni (+13% a/a). Escludendo dal computo gli oneri non ricorrenti, l’utile netto sarebbe stato pari a 52,6 milioni.
Gli asset under management, a fine dicembre, salgono a 82,2 miliardi rispetto ai 76,7 miliardi al 31 dicembre 2017 grazie a nuovi contratti di servicing per 13,2 miliardi. Il valore salirebbe a 86,4 miliardi considerando anche i mandati più recenti acquisiti.
La posizione finanziaria netta, al 31 dicembre 2018, è positiva per 67,9 milioni (liquidità netta di 38,6 milioni a fine 2017) ed è caratterizzata dall’assenza di indebitamento bancario.
Sul fronte della solidità patrimoniale, il Cet1 a fine dicembre si attesta al 26,1% (26,4% al 31 dicembre 2017).