L’annuncio della possibile uscita da Fineco da parte di UniCredit non è stata accolta in modo positivo a Piazza Affari. Alle 13:40 le azioni della banca guidata da Jean Pierre Mustier segnano un calo dell’1,2% a 11,7 euro.
L’operazione di per sé è positiva, perché agli attuali prezzi di Borsa di Fineco permetterebbe a UniCredit di portare a casa una cifra compresa tra un miliardo e 1,3 miliardi, se fosse messa sul mercato una quota compresa tra il 15 e il 20 per cento.
E senza valutare la dismissione di tutta la partecipazione complessiva pari al 35,3%, che agli attuali prezzi di Borsa di Fineco vale 2,3 miliardi. Il tutto con una plusvalenza rispetto ai valori di carico.
Certo, a fronte dell’incasso per la vendita dei titoli, i conti dell’istituto dovrebbero rinunciare all’interessante redditività generata dalla banca multicanale, che nel 2018 ha portato dividendi per 61,2 milioni.
Il timing dell’operazione appare tuttavia azzeccato, visto che il valore delle azioni della partecipata è vicino ai massimi degli ultimi 5 anni (toccati il 17 aprile a 12,3 euro).
Inoltre, appare favorevole se lo si confronta alle operazioni di accelerated bookbuilding realizzate dalla banca di piazza Gae Aulenti nel 2016 proprio sui titoli Fineco.
La prima, portata a termine nel luglio 2016, aveva visto la cessione il 10% del capitale per un totale di 328 milioni, mentre nell’ottobre del medesimo anno era stato collocato un altro 20% con un incasso di 552 milioni.
Inoltre, l’operazione potrebbe portare entro il 2032 alla cessione del marchio Fineco, il cui valore è iscritto nel bilancio di UniCredit per 92,9 milioni.
Tuttavia, il mercato si chiede qual è la ragione per cui UniCredit intende fare cassa.
Difficile pensare che l’istituto voglia mettere risorse in cascina per avere disponibilità per un’eventuale acquisizione nel settore bancario, visto che in questo ambito si parla più di merger che di acquisizioni. In ogni caso di tratterebbe di bocconi grossi. Commerzbank, indicata come possibile target di UniCredit dopo la mancata fusione con Deutsche Bank, ha una capitalizzazione di Borsa pari a 9,8 miliardi.
Allora il mercato si chiede se non vi sia qualche esigenza finanziaria non ancora palesata per la banca, dopo le sorprese registrate con la minusvalenza relativa alla controllata turca Yapi e la multa americana da 1,2 miliardi per le operazioni con l’Iran. Una sanzione, quest’ultima, riportata a titolo di esempio poiché in realtà quest’ultima vicenda, in particolare, dovrebbe avere un effetto positivo sui conti del primo trimestre, in quanto verranno liberati accantonamenti a livello di gruppo per circa 300 milioni, al netto delle tasse, e avrà un impatto positivo sul Cet1 di circa 8,5 punti base.