Obbligazioni – La debolezza dell’economia italiana in primo piano

L’aggiornamento delle previsioni economiche di primavera da parte della Commissione Europea sottolinea un quadro condiviso e la presenza di rischi al ribasso. Fin qui nulla di inaspettato.

L’economia europea è attesa crescere in media dell’1,4 per l’anno in corso e due centesimi di più nel 2020, stime che si riducono di due centesimi per il 2019 e di uno per l’anno successivo se si restringe la visuale all’area euro.

Nell’analisi più dettagliata dei singoli paesi, emerge la grande debolezza del nostro Paese che ferma la crescita a un centesimo per l’anno in corso per risalire allo 0,7 nel 2020, frutto di consumi privati e pubblici asfittici e di investimenti, in macchinari soprattutto, negativi nel 2019. A tutto ciò si aggiunge una previsione di un rapporto debito pubblico/Pil del 133,7% e proiettato a salire al 135,2% l’anno venturo.

Nel rapporto europeo si legge che la crescita del Vecchio Continente sarà prevalentemente trainata dai consumi interni, certo non quelli italiani pari allo 0,6 e 0,8%, considerati sempre in un confronto omogeneo con i numeri del medesimo rapporto a quelli delle due economie maggiori, Germania e Francia, e visti all’1,1 e 1,5 nel 2019 a salire rispettivamente all’1,6 e all’1,7% nel 2020.

I mercati hanno da tempo preso atto di questo e la reazione al momento è tiepida con un allargamento dello spread italiano (263 b.p.) poco sopra la linea superiore del corridoio che abbiamo individuato, ma con qualche sussulto più deciso sulle scadenze brevi, forse anche rispecchiando il clima sempre meno sereno che accompagnerà il Consiglio dei Ministri di stamane con relativa risoluzione sulla questione “Siri”.

Sul fronte internazionale, limano ancora qualche centesimo, ma in maniera sincrona, i benchmark principali con un T-bond che si porta a ridosso del 2,45% e il Bund che si riconferma in territorio negativo (-0,3%), continuando a persistere un clima di nervosismo sulle piazze azionarie che paradossalmente si attenua dopo il forte e inatteso calo del saldo commerciale cinese e questo perché visto come un fattore facilitatore di una posizione più accomodante di Pechino per trovare una soluzione in tempi rapidi al negoziato americano.

Il cambio dollaro euro è fermo sulla linea di demarcazione di 1,12 mentre, come previsto, gli spread degli high-yield, specie quelli in dollari, risalgono con maggiore decisione dai recenti minimi e si riportano a 382 punti base, a 376 per i titoli in euro.