Carige, in relazione ad un articolo di stampa pubblicato ieri su un primario quotidiano nazionale, precisa quanto segue:
- la definizione di “buco” è del tutto pretestuosa e gravemente fuorviante e dannosa in quanto si tratta di clausole inserite all’interno di contratti avviati nelle precedenti gestioni pre-commissariali e approvati dagli organi amministrativi della banca;
- la possibilità di esercitare il diritto di recesso da contratti che Carige ha stipulato con
provider esterni è una facoltà esclusivamente spettante alla banca e non, come affermato nell’articolo, un effetto che Carige subirebbe in modo automatico per decisione delle controparti. - alcuni contratti citati nell’articolo sono già in avanzata fase di rinegoziazione per volere dei commissari. Ciò rende non attuale il contenuto dell’articolo.
- l’articolo non considera l’effetto reinternalizzazione di tali contratti: se Carige dovesse
decidere di esercitare il diritto di recesso per “uscire” da questi contratti si riapproprierebbe, parallelamente, dei relativi ricavi. Detti ricavi progressivamente andrebbero a compensare il costo derivante dal recesso; - infine, tutti i contratti citati nell’articolo sono stati esaminati e valutati nell’ambito delle due diligence effettuate dai vari soggetti che hanno mostrato interesse nei confronti dell’istituto, inclusi quelli che stanno ancora esaminando il dossier nell’ambito dell’operazione di business combination in corso.
L’istituto ligure ha quindi smentito un articolo di Repubblica secondo il quale potrebbe essere costretto a corrispondere fino a 239 milioni di penali come conseguenza di alcuni contratti siglati dalle gestioni passate con diverse istituzioni finanziarie.
“Alla luce di quanto esposto – si legge nella nota – i commissari di Carige hanno dato ai propri legali mandato per valutare una azione legale nei confronti del quotidiano e dell’autore dell’articolo per tutelare la reputazione della banca, dei suoi clienti e dei suoi azionisti”.
Inoltre, si segnala che l’aumento del fabbisogno patrimoniale rispetto a quello stimato a fine 2018 e a inizio del 2019 non è dovuto a circostanze sopravvenute non note allora ma è attribuibile in larga parte all’aggiornamento degli obiettivi di de-risking (target Npe ratio dal 22% originario a un obiettivo fra 0 e 5%) e di Total Capital ratio (al 15,3% al 2020 contro l’originario 13,75%) e ad altre componenti.