Obbligazioni – Volatilità in crescita

È evidente che le turbolenze di mercato non sono giunte a termine.

Nella notte Trump ha apertamente accusato Pechino di agire scorrettamente sul mercato valutario indebolendo deliberatamente la propria valuta e le piazze asiatiche hanno sommato la cosa alla pessima performance di Wall Street, ma riuscendo comunque ad arginare quella che sembrava inizialmente una debacle importante dopo che la Bank of China ha comunicato un tasso di riferimento dello Yuan più alto rispetto a quanto ci si attendesse.

Il buon dato sugli ordini industriali in Germania ha poi permesso alle aperture europee di evidenziare anche qualche timido segno di riscatto. Ma la volatilità è aumentata sensibilmente, non tanto in valore assoluto, quanto in termini relativi rispetto allo standard storicamente molto basso a cui il mercato si era affezionato.

Il dollaro ha perso oltre una figura piena in meno di 36 ore e traccheggia in questo primo scorcio di mattinata poco sopra 1,12 dopo aver toccato un traguardo di mezza figura più alto, i future americani mostrano il segno positivo, ma Treasuries e benchmark di più alta qualità restano solidamente arroccati su livelli record (per il periodo), come pure l’oro che pare ormai decisamente intravvedere come realizzabile il raggiungimento di quota 1500 dollari l’oncia.

La curva italiana continua a “soffrire” in termini relativi senza riuscire ad agganciare il carro del Bund nonostante il superamento della prova del voto di fiducia del Governo di ieri, segno del fatto che i titoli di Stato della Repubblica pagano pegno per il proprio rating (al pari, peraltro, di tutta la periferia europea, Spagna e Portogallo inclusi).

Si sottolinea infine il preventivato effetto sui corporate high-yield i cui spread prendono a risalire velocemente portandosi a 380 punti base per le emissioni in euro e quasi a 420 per quelle in dollari, effetto che non dovrebbe essersi esaurito vista la persistente volatilità dell’azionario e l’accentuarsi dell’effetto “fly-to-quality”.