Con l’avvicinarsi dell’assemblea straordinaria di Carige, in calendario per il 20 settembre, aumenta l’attenzione su quale sarà la strategia della famiglia Malacalza, principale azionista della banca genovese con il 27,55% del capitale.
La famiglia sarebbe, infatti, contraria agli attuali termini dell’operazione di ricapitalizzazione che diluirebbe la propria partecipazione al 2 per cento. Per questo, visto che finora sono stati infruttuosi i tentativi di mediazione con i vertici della banca, non si esclude che possano decidere un gesto drastico quale la partecipazione all’assemblea, astenendosi dall’approvazione dell’aumento di capitale da 700 milioni, che di conseguenza salterebbe.
Secondo fonti di stampa, la famiglia si appresterebbe al deposito delle proprie azioni, decisione che potrebbe avere anche una valenza negoziale.
In ogni caso, i commissari della banca stanno cercando di sterilizzare il peso dei voti della famiglia Malacalza puntando su una partecipazione il più estesa possibile da parte dei piccoli soci e degli azionisti di minoranza. Per questo sono al lavoro alcune società di proxy per invitare alla partecipazione all’assemblea.
In caso Malacalza non partecipi, il quorum dell’assemblea verrebbe raggiunto con la presenza del 20% del capitale e la delibera dovrebbe essere presa con i due terzi dei voti favorevoli.
Se la Malacalza Partecipazioni fosse presente, servirebbe un 55,4% di voti favorevoli per raggiungere la maggioranza dei due terzi. Considerando che i piccoli soci detengono circa il 42% e i soci di minoranza sono accreditati al 16/17% (Gabriele Volpi 9%, Raffaele Mincione 6/7% e Aldo Spinelli 1%) si capisce come gli equilibri siano delicati.