Dopo le montagne russe di agosto, nel mese appena concluso piazza Affari ha ripreso la corsa iniziata lo scorso gennaio sulla scia delle decisioni di politica monetaria delle principali banche centrali mondiali (Federal Reserve e Bce), ma anche delle attese positive sul fronte dei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina e sul fronte dei primi provvedimenti del nuovo governo italiano. A trainare la performance di settembre del Ftse Mib, pari a +3,7%, i titoli finanziari (bancari, assicurativi e risparmio gestito), ma anche le azioni del settore utility e qualche industriale. Debole, invece, il lusso e il comparto dei servizi petroliferi.
A settembre il Ftse Mib non è stato, però, tra i migliori indici azionari mondiali. Nel vecchio Continente hanno fatto meglio l’Ibex di Madrid (+4,9%), l’EuroStoxx 50 (+4,2%) e il Dax di Francoforte (+4,1%), mentre si sono posizionati dietro il principale paniere equity italiano il Cac40 di Parigi (+3,6%), il Ftse 100 di Londra (+2,8%) e lo Smi di Zurigo (+1,8%). Sull’altra sponda dell’Atlantico, sono tornate a essere positive le performance mensili del Dow Jones (+1,9%), dell’S&P 500 (+1,7%) e del Nasdaq Composite (+0,5%). In Asia, settembre da incorniciare per il Nikkei di Tokyo (+5,1%) mentre il CSI 300 di Shenzhen è rimasto sostanzialmente invariato (+0,4%).
Al di fuori dell’azionario, lo scorso mese il prezzo del petrolio ha subito un’ulteriore flessione (-1,5% per il Crude Oil), assorbendo così l’impennata delle quotazioni seguita all’improvviso attacco del 14 settembre agli impianti di Abqaiq e Khurais in Arabia Saudita, con il primo che è il più grande stabilimento di lavorazione del greggio al mondo. Nello stesso periodo, l’euro ha continuato a indebolirsi sul dollaro statunitense (-0,7%), con il cambio euro/dollaro scivolato in area 1,09 e i rendimenti sui titoli di Stato del vecchio Continente hanno avuto un andamento contrastato. In particolare, lo yield del Btp a 10 anni ha concluso il 30 settembre le contrattazioni allo 0,82% rispetto allo 0,995% dello scorso 30 agosto (1,78% il 30 aprile del 2018) con il differenziale di rendimento, cioè lo spread, con il Bund di pari durata a 139 punti base rispetto ai 170 punti base di fine agosto (122 punti base il 30 aprile del 2018).
Passando all’analisi del comportamento tenuto dai 40 titoli che compongono il paniere delle Big Cap italiane emerge che ad agosto 23 hanno concluso le contrattazioni di ieri su livelli di prezzo superiori a quelli registrati lo scorso 30 agosto, 5 sono rimasti sostanzialmente invariati e 12 si sono attestati su livelli inferiori. Numeri migliori rispetto a quelli rilevati lo scorso agosto, dato che 18 avevano avuto una performance mensile positiva, 21 si erano attestati a fine agosto su livelli di prezzo inferiori a quelli dello scorso 31 luglio e solo 1 era rimasto sostanzialmente invariato.
Il migliore risultato del mese di settembre all’interno del Ftse Mib è stato raggiunto da Pirelli & C. (+14,9%) che ha così fatto dimenticare la pessima performance di agosto (-11,6%). A trainare le quotazioni dei titoli del gruppo che produce pneumatici di alta gamma il miglioramento delle attese relative all’andamento dei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina, ma soprattutto le operazioni sul fronte del capitale da parte di Camfin. Nel dettaglio, giovedì scorso la holding controllata da Marco Tronchetti Provera che detiene circa l’11% del capitale di Pirelli & C., ha comunicato di aver sottoscritto un’opzione call spread con scadenza settembre 2022, avente come sottostante lo 0,89% del capitale del gruppo quotato che, insieme alle due call annunciate di recente, consentirà alla holding milanese di salire sopra il 15% del capitale del gruppo quotato.
Alle spalle dei titoli del gruppo milanese, si è posizionata Mediobanca (+11,2%) che ha beneficiato del recente ingresso nell’azionariato di Leonardo Del Vecchio, con una quota di quasi il 7% del capitale. Una partecipazione nell’istituto di piazzetta Cuccia che, secondo alcune fonti di stampa, potrebbe salire fino al 10 per cento.
Sul terzo gradino del podio di questa speciale graduatoria Ubi Banca (+11%) che ha sfruttato l’ulteriore discesa dei rendimenti sui titoli di Stato italiani, ma anche il ruolo da protagonista che il gruppo guidato da Victor Massiah potrebbe avere in un’eventuale ripresa del processo di consolidamento del settore del credito in Italia.
Il peggior risultato borsistico di settembre all’interno del Ftse Mib è stato incassato dai titoli della Juventus (-9,2%) che hanno risentito della decisione del consiglio di amministrazione di proporre all’assemblea degli azionisti un aumento di capitale fino a 300 milioni di euro nell’ambito del piano di sviluppo futuri, con Exor che si è già impegnata a sottoscrivere la ricapitalizzazione per la sua quota di competenza, pari al 63,8 per cento.