Per il quarto mese consecutivo, piazza Affari ha concluso le contrattazioni in rialzo (+1,1%), chiudendo il 2019 con una performance record del 28,3 per cento. Anche a dicembre, il Ftse Mib, è stato sostenuto dalle politiche monetarie accomodanti delle principali banche centrali mondiali, dall’ulteriore miglioramento della congiuntura economica globale e dal raggiungimento di una parziale intesa tra Stati Uniti e Cina sul fronte commerciale, con la firma dell’accordo di Fase 1 prevista per il prossimo 15 gennaio alla Casa Bianca. Da segnalare anche l’impatto positivo sul listino milanese e sui mercati azionari internazionali del chiaro esito delle elezioni politiche nel Regno Unito che dovrebbe aver allontanato l’ipotesi di Hard Brexit, cioè di un’uscita disordinata dei sudditi di Sua Maestà dall’Unione Europea.
A dicembre il Ftse Mib è stato, però, tra i peggiori indici azionari mondiali, penalizzato dalle prese di beneficio sui titoli del risparmio gestito, ma anche sulle azioni del comparto salute e benessere e su alcune utility. Nel vecchio Continente hanno fatto meglio il Ftse 100 di Londra (+2,7%), l’Ibex di Madrid (+2,1%), il Cac40 di Parigi (+1,2%), lo Smi di Zurigo (+1,2%) e l’EuroStoxx 50 (+1,1%), mentre si è posizionato dietro il principale paniere equity italiano soltanto il Dax di Francoforte (+0,1%). Sull’altra sponda dell’Atlantico, nuovi massimi storici per il Nasdaq Composite (+3,5%), l’S&P 500 (+2,9%) e il Dow Jones (+1,7%). In Asia bene il Nikkei di Tokyo (+1,6%), ma soprattutto il CSI 300 di Shenzhen (+7,0%).
Al di fuori dell’azionario, lo scorso mese il prezzo del petrolio ha registrato una vera e propria impennata (+11,8% per il Crude Oil che così è balzato sopra la soglia dei 60 dollari al barile) e l’euro ha recuperato terreno sul dollaro statunitense (+1,8%), con il cambio Eur/Usd tornato a 1,1215. Sul fronte dei titoli governativi, a dicembre è proseguito il rialzo generalizzato dei rendimenti. In particolare, lo yield del Btp a 10 anni ha concluso il 30 dicembre le contrattazioni all’1,409% rispetto all’1,229% dello scorso 29 novembre (1,78% il 30 aprile del 2018) con il differenziale di rendimento, cioè lo spread, con il Bund di pari durata a 160 punti base rispetto ai 159 punti base di fine novembre (122 punti base il 30 aprile del 2018), nonostante le continue fibrillazioni nella maggioranza che sostiene il governo italiano.
Passando all’analisi del comportamento tenuto dai 40 titoli che compongono il paniere delle Big Cap italiane emerge che a dicembre 16 hanno concluso le contrattazioni su livelli di prezzo superiori a quelli registrati lo scorso 29 novembre, 3 sono rimasti sostanzialmente invariati e ben 21 si sono attestati su livelli inferiori. Numeri decisamente peggiori rispetto a quelli rilevati lo scorso novembre, dato che 26 avevano avuto una performance mensile positiva, 12 si erano attestati su livelli di prezzo inferiori a quelli dello scorso 31 ottobre e 2 erano rimasti sostanzialmente invariati.
Il migliore risultato del mese di dicembre all’interno del Ftse Mib è stato raggiunto da Nexi (+15,7%) che dal debutto sul listino milanese dello scorso 16 aprile (9 euro per azione il prezzo d’Ipo) ha guadagnato il 37,6 per cento. Ad alimentare gli acquisti sui titoli del gruppo che offre servizi e infrastrutture per il pagamento digitale per banche, aziende, istituzioni e pubblica amministrazione, l’acquisizione delle attività di Intesa Sanpaolo (+2,1%) nei servizi di pagamento per un miliardo di euro, con la banca guidata da Carlo Messina che reinvestirà parte dell’incasso per rilevare il 9,9% della stessa Nexi. Un’operazione che consentirà al gruppo guidato da Paolo Bertoluzzo di aumentare l’Ebitda annuo di circa 95 milioni a partire dal 2020. Ricordiamo che il margine operativo lordo del 2019 di Nexi è stimato dagli stessi vertici societari intorno a 500 milioni.
Alle spalle dei titoli del gruppo milanese, lo scorso mese si è posizionata STMicroelectronics (+7,5%) che nel corso dell’ultimo anno ha quasi raddoppiato il proprio valore, avendo guadagnato il 96 per cento. A livello di performance annuale, le azioni del leader europeo dei semiconduttori sono state superate a piazza Affari soltanto da Azimut Holding che, nonostante le prese di beneficio di dicembre (-7,1%), hanno registrato negli ultimi 12 mesi un vero e proprio exploit borsistico, pari al +123,2 per cento. A trainare le quotazioni dei titoli del colosso italo-francese nelle ultime quattro settimane, l’esito positivo dei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina che ha spinto gli investitori puntare sulle azioni di società hi-tech.
Sul terzo gradino del podio di questa speciale graduatoria Saipem (+5%), che a dicembre ha beneficiato del sopracitato rialzo del prezzo del petrolio, ma anche dell’annuncio dello scorso 27 dicembre di nuovi contratti e dell’estensione dei contratti esistenti nel drilling onshore (Medio Oriente) e nel drilling offshore (Norvegia e Angola) per complessivi 1,7 miliardi di dollari. In questo importo rientrano anche nuove commesse che verranno realizzate in Bolivia, Perù e Romania e che consentono al gruppo guidato da Stefano Cao di mantenere una buona diversificazione geografica delle commesse in portafoglio.