Obbligazioni – Allarme arancione in Medio Oriente

La tensione in Medio Oriente, che stava crescendo progressivamente specie dopo la decisione di Ankara di intervenire militarmente in Libia suscitando una reazione particolarmente vivace in Egitto e della Lega Araba, sale all’improvviso per il blitz americano a Bagdad che elimina dalla scena politica iraniana il generale Soleimani, uno dei leader al vertice della Guardia Repubblicana.

L’atto ostile dell’Amministrazione americana riporta non solo in primo piano lo scontro tra Washington e Teheran, ma la complessità di uno scacchiere le cui geometrie vedono una progressiva ricomposizione degli equilibri di potere che non ha ancora trovato un equilibrio e semmai evidenzia le pretese egemoniche dei diversi contendenti e rispettivi alleati.

Le conseguenze immediate sui mercati finanziari sono quelle canoniche: balzo del prezzo del petrolio, rialzo di quello dell’oro e rafforzamento immediato del dollaro che guadagna quasi una figura dai minimi avvicinandosi a quota 1,1150.

I future di Wall Street, che ieri sera aveva ancora una volta battuto i record di sempre, ripiegano accompagnando nel movimento le piazze europee che risentono inevitabilmente della tensione geopolitica e temono le reazioni che potrebbero conseguirne, mentre un abbozzo di “fly-to-quality” emerge dal recupero del T-bond il cui rendimento scende di cinque centesimi dall’1,88% della chiusura e così pure si assiste al recupero dei benchmark europei anch’essi con guadagni di entità più o meno simile.

Il rendimento del Btp scende verso l’1,35% e lo spread riporta una limatura frazionale del gap col Bund a 162/163 bps.

Nulla emerge sul fronte dei corporate high-yield che riportano, come sempre, una foto non istantanea: lo spread scende ancora per i titoli in euro, ormai sotto 310, e risale su quelli in dollari a 360, ma bisognerà attendere ancor per captare gli effetti sugli asset a maggior rischio (includendo anche il sentiment sui mercati emergenti).