Crolla di oltre il 5% il prezzo del greggio dopo che il mercato prende atto del messaggio di Trump alla Nazione. Salvo imprevisti, la crisi con l’Iran è destinata a rientrare nei binari di una normalità fatta di sanzioni, ma quello che appare chiaro è il progressivo disimpegno progressivo americano dall’area mediorientale oggi che gli Stati Uniti sono ormai completamente indipendenti per il proprio, vorace, fabbisogno energetico.
La presenza e influenza americana nell’area non svanisce, come è evidente a tutti, ma l’interesse principale è di salvaguardia agli equilibri graditi e alla verifica che il potenziale offensivo dei Paesi in zona resti nei limiti consentiti.
I mercati avevano visto giusto e riprendono gradualmente il proprio cammino tradizionale caratterizzato da un appetito per gli asset più rischiosi, i soli a concedere rendimenti prospettici – naturalmente in questo scenario – interessanti. Scende quindi il prezzo dell’oro, di oltre il 2%, e risalgono i rendimenti dei benchmark governativi con il T-bond che si riporta in prossimità dell’1,90% e il Bund che aggiunge quattro centesimi rispetto alle chiusure di ieri.
Nel movimento di riassestamento generale si comporta più virtuosamente il Btp in maniera quasi anomala visto il tumultuoso aggiornamento dell’agenda di Governo, dalla prescrizione ad autostrade, passando per l’impasse diplomatica nel tentativo di vedere riconosciuto un ruolo primario nella crisi libica; ma il fatto che lo spread scenda a quota 164 solleva il dubbio che stia avanzando l’idea di un consolidamento delle forze politiche tradizionali a scapito di 5Stelle e Lega che potrebbe vedere un redde rationem dopo le elezioni emiliane.
Il dollaro sembra infine aver ritrovato il proprio peso specifico in area 1,1120, mentre si compatta lo spread dei corporate high-yield tra euro e dollari (313 il primo, 354 il secondo) mantenendo le quotazioni medie di fine 2019 in sostanza e senza dare cenno a possibili revisioni di sostanza in questo momento, pur delicato.
