Il piano triennale al 2022 licenziato dal cda di Ubi prevede di raggiungere a regime un utile netto di 665 milioni, con un trend di ricavi stabile in uno scenario di bassa crescita e tassi negativi e un’ulteriore attenzione al controllo dei costi, e grazie al calo del costo del rischio. Risultati che consentiranno di distribuire un pay-out ratio medio del 40%, mantenendo al contempo la solidità patrimoniale, con un CET1 atteso al 12,5 per cento.
“Il piano industriale 2022 parte da basi solide e si basa sulla trasformazione della banca nell’ottica di un gruppo che sa cavalcare le nuove tecnologie digitali grazie a una significativa componente di investimenti senza però rinunciare al fattore umano, ma anzi valorizzandolo con un forte impegno nella formazione”.
Continueremo a mantenere il controllo sui costi, nonostante gli importanti investimenti
previsti, a monitorare il rischio, con l’ulteriore riduzione dei crediti deteriorati grazie alla
forza della nostra piattaforma interna di recupero, e a rafforzare i controlli. La banca potrà contare sul mantenimento di indici patrimoniali e strutturali in grado di garantire la consueta solidità.
Infine, grazie all’incremento della redditività complessiva, il piano prevede un dividendo
costantemente in crescita, coerente con il mantenimento di un CET1 a livelli di assoluta
solidità”.
È con queste parole che Victor Massiah, Ceo di Ubi Banca, ha commentato il piano industriale 2020-2022 della banca lombarda.
I pilastri alla base del piano
Il piano è stato sviluppato in base a ipotesi di scenario economico conservativo articolato su tre pilastri:
- la rigorosa attenzione alla selezione del credito e alla qualità dell’attivo;
- la trasformazione del business retail grazie alla forte riduzione del cost to serve, abilitata dalla digitalizzazione e dall’ulteriore miglioramento del servizio (omnicanalità) accompagnato da un progetto di up/reskilling delle risorse;
- l’ulteriore rafforzamento del servizio ai clienti high end (premium, private, corporate, CIB) grazie a un’evoluzione delle piattaforme esistenti e a un forte investimento in formazione e specializzazione dei team.
La rigorosa attenzione alla selezione del credito e alla qualità dell’attivo
A fine 2019, il ratio di crediti deteriorati lordi di Ubi è pari al 7,8% ed è inoltre all’esame una cessione massiva di sofferenze SME per un ammontare di 800 milioni lordi, che dovrebbe completarsi nel corso del 2020.
Non sono previste altre cessioni massive in arco piano, in quanto si ritiene che l’attività interna di recupero crediti, basata su una piattaforma di assoluta eccellenza possa portare nel 2022 l’Npe ratio lordo all’atteso livello del 5,2% e gli stock lordi a 4,5
miliardi dai 6,8 miliardi nel 2019.
Il gruppo continuerà a focalizzarsi sulla clientela a basso rischio. Nel 2022 il default rate è atteso stabile all’1%, i tassi di recupero sono stimati in miglioramento all’11,9% e il costo del rischio in discesa a 46 punti base rispetto agli 87 pb del 2019 (che comprendevano maggiori rettifiche correlate alle cessioni massive di sofferenze).
La trasformazione del business retail
L’evoluzione del modello di servizio al retail è fortemente incentrata sulla digitalizzazione dei processi commerciali e non commercial, quindi della riduzione del “cost to serve”, fornendo al contempo un servizio più agile e accessibile al cliente.
Per quanto riguarda lo Small Business, è previsto tra l’altro un miglioramento della copertura del cliente mediante Relationship Managers disponibili anche in remoto, e lo sviluppo del segmento grazie al rafforzamento del numero di sviluppatori e tramite tecniche di “digital onboarding”.
Il modello distributivo porterà alla razionalizzazione della rete: 175 filiali verranno chiuse in arco piano, le filiali fullcash saranno ridotte del 35% (le filiali cash-less e cash-light verranno a rappresentare il 40% della rete distributiva dall’attuale 18%). A fine piano risulteranno ristrutturate il 40% delle filiali (compreso il rinnovo delle dotazioni tecnologiche).
Il rafforzamento del servizio ai clienti high end
L’incremento della raccolta totale dei segmenti Premium e Private, prevista attestarsi a
circa 108 miliardi nel 2022 (101 circa a fine 2019), sarà abilitata da iniziative ad hoc: sono
previsti investimenti per digitalizzare e supportare i Relationship Managers del segmento
Premium e verranno introdotti nuovi servizi di consulenza “fee only” e “fee on top” nel 2020;
Verrà rafforzata la rete di promotori finanziari di IW Bank, attesa crescere a circa 830 promotori nel 2022 da circa 690 nel 2019.
Per quanto riguarda la clientela corporate, il miglioramento del servizio passerà soprattutto dalla migliore copertura del cliente mediante team di specialisti e dall’offerta di nuovi servizi con apporti commissionali.
I target economici e finanziari del piano
Nello scenario conservativo sottostante il piano, il gruppo si attende di conseguire proventi operativi in moderata crescita a 3,7 miliardi (Cagr 2019-22 +0,3%) con una composizione che ricalca quanto avviato nel 2019, vale a dire un margine d’interesse in leggera flessione (Cagr -0,9%) e più che compensato dalla crescita delle commissioni nette (Cagr +1,7%).
Gli oneri operativi sono attesi attestarsi a 2,2 miliardi nel 2022 (Cagr -1,9%) dal 2019 al
2022. Il controllo dei costi sarà accompagnato da significativi investimenti in IT.
Significativi risparmi saranno ottenuti attraverso l’esecuzione di iniziative immobiliari, tra cui la razionalizzazione e il consolidamento delle sedi direzionali, la razionalizzazione della presenza su Milano si inserisce in tale ottica, la chiusura di 175 filiali, l’uscita di circa 2.030 risorse (incluse circa 300 risorse oggetto di accordo sindacale a gennaio 2020).
Grazie all’attuazione delle iniziative che saranno intraprese, la banca prevede di conseguire una riduzione del cost/income (esclusi i contributi di sistema) dal 62,1% del 2019 al 58,1% del 2022.
Le rettifiche su crediti sono attese scendere a 387 milioni nel 2022, dai 738 milioni del 2019 (che comprendevano le maggiori rettifiche legate alle cessioni massive).
Infine, l’utile netto d’esercizio è atteso salire nel 2022 a 665 milioni (non sono previste poste non ricorrenti) rispetto ai 251 milioni (353 al netto delle poste non ricorrenti) del 2019, configurando un RoTE dell’8,3% a fine 2022.
In uno scenario di tassi di mercato a 0% (quindi non positivi), l’utile netto si incrementerebbe di oltre 100 milioni al 2022, con un RoTE del 9,5 per cento.
In termini di capitale, Il CET1 ratio del gruppo è atteso a un livello del 12,5% nel 2022, avendo assorbito gli headwind regolamentari del periodo (pari complessivamente a circa 1 punto percentuale).
Si prevede un effetto positivo di 32 pb con la rivalutazione del real estate di gruppo. Eventuali buffer di capitale non inclusi nel piano potrebbero derivare dalla bancassicuerazione, per cui verrà presa una decisione entro il 30 giugno e la valorizzazione della partecipazione nella cinese Zhong Ou.
Il piano stima un pay-out medio del 40% in arco di piano, coerente con il mantenimento di un CET1 ratio al 12,5% a fine anno. Nel 2022, è possibile ulteriore incremento del dividendo in caso di CET1 ratio superiore al 12,5 per cento.
Nella distribuzione degli investimenti nel portafoglio finanziario del gruppo, è attesa diminuire l’incidenza dei BTP dal 51% attuale al 37% circa nel 2022, creando opportunità alternative di investimento (ad esempio in corporate bonds).