Obbligazioni – Dollaro più debole dopo le parole di Trump

Parafrasando le parole del Presidente Trump, si può dire che l’America si sta preparando al peggio.

Non c’è allarme, al momento, ma quasi una sorta di rassegnazione per l’ineluttabilità del diffondersi del contagio anche negli Stati Uniti che rinviano pro tempore l’assunzione di misure restrittive sull’ingresso di persone e cose da aree a rischio (Italia inclusa).

Il dollaro, che aveva già preso a indebolirsi negli ultimi due giorni, accelera lo storno per portarsi 1,0940 contro euro e quest’ultimo appare in recupero anche nei confronti del Franco svizzero, ribaltando quell’atteggiamento di fuga verso i beni rifugio con la “R” maiuscola che coinvolge anche l’oro, rientrato in zona 1650 $/oz.

A ben vedere, con la sola eccezione dei benchmark principali, ogni tipo di asset finanziario e reale sembra a suo modo contaminato dal gran male di un possibile rallentamento economico che, a guardare dalla velocità di discesa delle borse, comincia a stimarsi assai concreto e forse meno temporaneo rispetto a quanto finora prospettato.

Chi si aspettava qualche input dalla Bce per bocca di Lagarde è rimasto deluso, limitandosi il neo-Presidente della massima istituzione monetaria europea ad un sorta di moral suasion verso i Governi, specie per quei Paesi che ne hanno maggior margine, per incrementare lo sforzo di spesa. Nessun cenno quindi alla strategia dell’Eurotower che, forse, nonostante la revisione in itinere preannunciata nel discorso di gennaio, potrebbe essere rimessa in discussione.

Tornando all’obbligazionario, il T-bond bussa alla porta dell’1,30% mentre il Bund scende sotto il mezzo punto percentuale.

Il Btp sconta in questo momento tutti i problemi che gli derivano dal fare da apripista nel manto immacolato di una crisi che oggi colpisce duro solo il nostro Paese. Gli effetti della malattia cominciano a riverberarsi su turismo e consumi, mentre la spesa pubblica non può che muoversi in direzione opposta. Tradotto: peggioramento degli “economics” italiani e quindi aumento del rischio e degli interessi da pagare sul debito, nell’indifferenza di un’Europa il cui atteggiamento solidale deve ancora dai tempi del Trattato di Roma trovare espressione materiale oggettiva.

Lo spread è fermo a 155 punti base, ma soffrono anche il tratto a breve e medio termine.

Cedono ancora i corporate high-yield evidenziando ormai movimenti non più frazionali, ma per grandezze discrete di 10 centesimi e oltre che vedono lo spread i dollari ormai tornato a 420 bp e quello in euro, al momento, più controllato a 340, portando il differenziale tra i due all’anomalo livello di 80 centesimi.