Obbligazioni – Pandemia

Che ci si riferisca al contagio da Covid-19 o al tracollo dei mercati, il termine “pandemia” è comunque appropriato.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definitivamente sdoganato il termine sul fronte sanitario, i listini di Borsa lo stesso nei fatti.

L’isolamento degli Stati Uniti suggellato dalla sospensione di tutti i voli in ingresso e in uscita più ancora del riconoscimento dello stato di emergenza da parte del Presidente Trump, restio fino all’ultimo a denunciarne la gravità imminente, ha fiaccato definitivamente qualsiasi forma di resistenza dei prezzi di Wall Street che chiudono in forte perdita e restano sotto pressione anche nelle indicazioni dei future.

Il T-bond, ma tutta la curva dei Treasuries, non riesce più ad avere la forza di quella reazione che la teoria insegna, e fino a qualche giorno fa dimostrava, si accompagna al concetto di bene rifugio. Forse si avverte in maniera ancora larvale che lo spostamento del problema dalla base al centro non elimina il significato del sostantivo problema.

Il sell-off colpisce anche l’oro sebbene in misura molto marginale, ma solo per testimoniare che in questo frangente i ripari sono pochissimi e non così certi.

Oggi tocca a Lagarde che, sapendolo in anticipo, forse avrebbe preferito trovarsi su un’altra poltrona invece che a Francoforte. La responsabilità della scelta nella totale incognita delle sue conseguenze è enorme.

I benchmark europei tengono in uno stato febbrile di “sapere”. Il pomeriggio: la svolta. La direzione: dipende.

Inutile a questo punto guardare ai livelli del momento o della mattinata.

Lo sguardo ai corporate high-yield conferma le previsioni più buie con gli spread in impennata ormai ben oltre il 5 e il 6% per euro e dollari e il timore fondato che il peggioramento dell’economia non potrà che riverberarsi rapidamente sul rischio di credito.