La banca guidata da Gian Maria Mossa ha scelto un chiaro modello di open innovation per la trasformazione digitale dell’istituto, avviata nel lontano 2013, e che dimostra di essere stata una scelta vincente. La banca, che ha archiviato nel 2020 un primo trimestre record, considera la relazione con il cliente al centro delle scelte che regolano tutti i processi di innovazione e punta più su un modello di Robot for advisory che su uno di pura Robo-advisory.
Inserire la tecnologia nel dna della banca senza perdere la centralità del rapporto umano. È stata questa la sfida di Banca Generali che a partire dal 2013 si è posta l’obiettivo di puntare sul Digital Wealth Management facendo leva su due elementi portanti: la digitalizzazione dei processi e l’open banking. Una sfida che, guardando i numeri, pare sia stata vinta: Banca Generali partiva nel 2013 da 25 miliardi di asset, di cui meno di 12 miliardi relativi al Private Banking, cioè clienti con più di 500 mila euro, e ad oggi, in sette anni, è arrivata a 65 miliardi di masse, di cui 45 miliardi nel Private Banking.
Un percorso di crescita reso possibile dalle scelte ben precise effettuate dall’istituto guidato da Gian Maria Mossa, che ne hanno caratterizzato il profilo e determinato il successo competitivo. “Siamo partiti dal concetto che la relazione tra il professionista e il cliente sia il fondamento su cui costruire una serie di servizi a valore aggiunto basati sulla tecnologia, che rappresenta un acceleratore di valore, ma non sostituisce la centralità del consulente. In sintesi”, spiega Mossa, “il nostro modello ricade in una definizione di “Robo for advisory” e non di “Robo-advisory””.
La prima scelta di campo fatta da Banca Generali è stata quella di operare con un sistema di open banking, creando un ecosistema in grado di poter attingere dal meglio sul mercato in termini di innovazione e capacità. Una decisione che è stata premiante vista la velocità a cui avviene l’evoluzione tecnologica e gli ingenti investimenti necessari per sviluppare soluzioni “in house”, che rappresentano una scelta costosa e che rischia di dare vincoli di rigidità all’infrastruttura.
Banca Generali nel primo trimestre 2020 ha archiviato conti record con ricavi per 168,8 milioni (+26% a/a) e un utile netto di 79,1 milioni (+19% a/a): nonostante lo scoppio della pandemia Covid-19, il primo trimestre dell’anno in corso è stato il migliore dal 2015.
“Il primo trimestre è andato molto bene. Abbiamo registrato risultati economici e finanziari davvero di eccellenza e che sono superiori rispetto all’anno scorso. Nella seconda parte dell’anno” rileva Mossa, “ci potrà essere un calo delle masse, ma continuiamo a guadagnare in termini di quote di mercato”. I segnali della raccolta nel mese di maggio sono buoni, ma il secondo trimestre sarà più debole del primo per via delle turbolenze portate dalla diffusione del virus.
Anche in questa circostanza è emerso tuttavia il valore della scommessa sulla digitalizzazione effettuata in passato dalla banca. “Tutti gli investimenti fatti sul digitale negli ultimi anni sono stati fondamentali”, ha precisato il Ceo, “la maggior parte di noi sta lavorando da casa ma riuscendo ad essere molto vicino ai nostri clienti, a cui diamo una continuità informativa”.
Un processo, quello dell’innovazione e della digitalizzazione, che è ancora in corso. Mossa delinea le linee guida della strategia e quali sono le priorità della banca in questo ambito.
Un modello basato sulla open innovation
“Oggi si parla tantissimo di open innovation, ma noi questa strada l’abbiamo scelta già nel 2013 quando abbiamo deciso di creare un ecosistema dove poter integrare competenze e servizi ad alto valore aggiunto” nota Mossa.
“Oggi i grandi asset manager hanno una capacità di investimento che una banca, seppur in crescita come la nostra, non si potrebbe mai permettere. Quindi”, osserva il Ceo di Banca Generali, “il nostro obiettivo è creare un’esperienza digitale uniforme, prendendo il meglio che possono offrire i big player a partire da una chiara idea di come si svolge il processo commerciale tra il cliente e il banker e da una piattaforma proprietaria che accompagni il rapporto commerciale con il cliente sulla quale inserire le diverse proposte.
I colossi del settore investono centinaia di milioni all’anno nel digitale per arrivare a essere un’alternativa alle pure società digitali rispetto alle quali hanno il vantaggio di conoscere il business.
E noi cerchiamo di valorizzare il nostro ecosistema lavorando, per esempio, con i migliori asset manager, con il risk manager Aladyn di BlackRock o con Ubs nell’implementazione del loro motore di Robo for advisory all’interno della nostra piattaforma proprietaria. Oppure con Saxo Bank con cui abbiamo fatto una joint venture per portare in Italia le loro competenze eccellenti nel trading online”.
L’esempio più recente è l’accordo con Credimi
Il modello di open innovation, oltre a limitare i rischi e richiedere minori investimenti, offre il vantaggio di una rapidità nelle risposte alle esigenze del momento nell’ottica di essere un “generatore di valore”. Ne è un esempio il recente accordo siglato con Credimi.
“Per aiutare le Pmi, che in questo momento erano a corto di liquidità, e per fornire canali alternativi a quello tradizionale bancario, abbiamo fatto un accordo con Credimi, la lending platform più all’avanguardia in Italia. Credimi eroga finanziamenti alle Pmi attraverso una piattaforma digitale grazie al capitale privato che mettiamo noi, mentre il Mediocredito fornisce le garanzie. Un modo per essere innovativi e proiettati al futuro e offrire qualcosa di esclusivo ai clienti”.
Altro ambito di interesse è quello delle start-up. “Stiamo vivendo un’accelerazione impressionante nella volontà di tutte le istituzioni di avvicinare il risparmio privato all’economia reale e questo”, rileva Mossa, “passa attraverso nuovi veicoli, nuove agevolazioni fiscali e l’esigenza di nuove competenze e investimenti. Il riuscire a inserirsi per primi e meglio di altri in questa innovazione genera sicuramente opportunità”.
La tecnologia come acceleratore del valore
“La complessità è riuscire a unire chiarezza nel processo commerciale alla capacità di integrare e selezionare il meglio che c’è sul mercato per la propria clientela. Il nostro compito è dare un senso a questo processo, che è poi il valore ultimo che si riesce a portare al cliente” sottolinea Mossa.
Per tutto questo è essenziale conoscere l’investitore e comprendere a fondo le sue necessità. “Per fare veramente wealth management bisogna avere una visione complessiva del patrimonio del cliente, comprendere i rischi e le opportunità e riuscire a mettere questi elementi in relazione alle esigenze familiari.
Bisogna poi capire come distribuire la ricchezza e con quale finalizzazione”, spiega Mossa, che sottolinea come la parte degli investimenti mobiliari sia solo una parte degli asset, elemento che va considerato nello stabilire priorità e mezzi con cui raggiungerle.
“La ricchezza italiana è composta per circa 6.500 miliardi da patrimonio immobiliare, per circa 800 miliardi da partecipazioni finanziarie in società non quotate e infine le attività finanziare sono pari a circa 3.600 miliardi. Tra gli obiettivi che caratterizzano generalmente l’approccio al risparmio degli italiani vi sono la ricerca di protezione del capitale e la continuità del patrimonio, nel senso del passaggio generazionale” conclude Mossa.
Servizi digitali ad hoc per relazione tra cliente, banca e consulente
Nello studiare le soluzioni digitali per supportare i banker nel rapporto con i clienti, Banca Generali ha analizzato che ci sono tre tipi di relazioni: consulente-cliente, consulente-banca e banca-cliente.
E per ogni tipo di flusso sono stati creati supporti specifici. “Il nostro modello di business è concepito come modello a tre, con la banca aperta a disposizione per fornire strumenti, prodotti e servizi per banker e clienti” spiega Mossa, “il loro rapporto è basato soprattutto sulla relazione di persona, ma la tecnologia ha un ruolo importante con l’execution digitale, senza l’uso della carta, in ottica di digital collaboration, il professionista ha poi a disposizione una piattaforma per gestire end to end il rapporto con il cliente, che invece si interfaccia direttamente con la banca per operazioni veloci come l’home banking e il trading”.
Il professionista del futuro
Le caratteristiche delle professionalità richieste al consulente del futuro, complici la tecnologia e la complessità del mondo finanziario e delle competenze richieste, si vanno evolvendo.
“Oggi il consulente è l’interlocutore di riferimento del cliente, il gestore della relazione e il custode del patrimonio, ma le caratteristiche del professionista del futuro”, osserva Mossa, “stanno cambiando.
In futuro il professionista sarà sempre più un regista di relazioni, che metterà il cliente in contatto con gli specialisti di immobili, opere d’arte, tasse o altro di cui necessita l’investitore, dovrà sempre più essere in grado si interpretare i dati, e qui entra in gioco la tecnologia, e infine dovrà sapere creare opportunità esclusive, cosa che il modello di Banca Generali riesce a generare”.