Intesa Sanpaolo, con riferimento all’Ops volontaria totalitaria avente ad oggetto massime 1.144.285.146 azioni ordinarie di Ubi, in relazione al comunicato del cda di Ubi pubblicato il 3 luglio 2020, precisa quanto segue.
In una nota si legge che:
“L’allocazione del valore e delle sinergie derivanti dall’operazione a favore degli attuali azionisti Ubi è superiore all’ammontare stimato dal cda della stessa UBI, pari al 10% del valore attuale delle sinergie complessive al netto dei costi di integrazione (ossia circa 320 milioni rispetto a un totale di 3,2 miliardi, calcolati considerando che gli attuali azionisti di UBI Banca verrebbero a detenere una quota pari a circa il 10% del capitale del Gruppo risultante dall’operazione).
Va infatti considerato anche il valore rappresentato dal premio offerto (pari a circa 1,1 miliardi ai prezzi del 14 febbraio 2020, ossia pari alla differenza tra la valorizzazione di Ubi con il premio riconosciuto dall’offerta di 4,9 miliardi rispetto alla capitalizzazione di mercato in pari data pari a 3,8 miliardi),
Questo porta a un ammontare di competenza degli azionisti di Ubi pari a oltre il 40% del valore attuale delle sinergie complessive al netto dei costi di integrazione (ossia oltre 1,3 miliardi, costituiti dalla somma del predetto premio di 1,1 miliardi e del 10% delle rimanenti sinergie, pari a 210 milioni, calcolate come il 10% della differenza tra il valore attuale complessivo di 3,2 miliardi e la predetta quota di circa 1,1 miliardi riconosciuta agli azionisti di UBI Banca in sede di fissazione del concambio).
Il piano industriale aggiornato di Ubi, reso noto il 3 luglio scorso e richiamato nel comunicato del cda della stessa, nonostante una redditività rivista al ribasso, e in contrasto con quanto storicamente registrato da Ubi, indica un incremento, rispetto a quanto comunicato precedentemente, dell’obiettivo in termini di distribuzione cumulata di dividendi nel triennio 2020-2022 (esclusi i dividendi di competenza dell’esercizio 2019), che diventa superiore del 60% rispetto a quella originariamente quantificata nel piano e che nel piano Aggiornato è stimata in circa 840 milioni, di cui 350 milioni derivanti da componenti straordinarie e non ripetibili conseguenti a cessione di partecipazioni.
Il cda di Ubi evidenzia il fatto che la fusione non attribuirà alcun premio agli azionisti di minoranza che non avessero aderito all’offerta. Intesa Sanpaolo fa presente che la legge e la prassi impongono di determinare il concambio di fusione (e quindi di valutare incorporante e incorporata, ovviamente senza premio di controllo) con criteri e metodologie che si ispirano anzitutto al principio di omogeneità e comparabilità degli elementi considerati.
Principio, questo, che garantisce la correttezza e la congruità del concambio; piuttosto, il cda di Ubi avrebbe dovuto ricordare agli azionisti che, ove gli stessi non aderissero all’offerta, si troverebbero con un’azione contraddistinta da un prezzo che non conterrà il premio implicitamente riconosciuto nell’ambito dell’offerta in favore degli aderenti (pari a circa il 28% sulla base dei prezzi al 14 febbraio 2020).
La fusione è uno degli strumenti per massimizzare la creazione di valore dell’operazione, ma anche in assenza della medesima gli obiettivi strategici e le sinergie sono in larga parte conseguibili (in assenza di fusione verrebbe conseguito circa l’87% delle sinergie previste nel caso di fusione).
Intesa Sanpaolo, acquisendo almeno il 50% del capitale più un’azione di Ubi (soglia di partecipazione di controllo autorizzata dalla BCE), potrà esercitare la maggioranza dei diritti di voto in assemblea, potrà legittimamente nominare un nuovo cda ed eserciterà attività di direzione e coordinamento nei confronti di Ubi nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, nell’ottica complessiva del gruppo.
L’attività di direzione e coordinamento può consistere in direttive concernenti, a titolo esemplificativo, l’ambito del controllo strategico, quello organizzativo e, più in generale, quello gestionale.
Per quanto riguarda le valutazioni del cda di Ubi sulla non congruità del rapporto di cambio dell’offerta, non è stato adottato un approccio omogeneo per Intesa Sanpaolo e per Ubi.
infatti, per Ubi si è fatto riferimento al piano industriale aggiornato, mentre per Intesa Sanpaolo si è fatto riferimento alle stime degli analisti di ricerca pubblicate a seguito della comunicazione dei risultati al 31 marzo 2020.
Con questo approccio disomogeneo, da un lato si è valorizzato appieno quanto stimato dal cda di Ubi senza nessun apprezzamento da parte del mercato e degli analisti di ricerca sulla realizzabilità di tali stime (che tipicamente tiene in considerazione sia le condizioni di mercato sia i risultati passati del management nel raggiungere gli obiettivi prefissati), mentre dall’altro si sono utilizzate le stime riguardanti Intesa Sanpaolo elaborate dagli analisti di ricerca.
Va considerato che le stime degli analisti sull’utile netto di Ubi Banca previsto per il 2022 erano di circa il 30% inferiori rispetto a quanto indicato nel precedente piano industriale di Ubi.
Inoltre, in contrasto con quanto riportato al capitolo E del documento di offerta, il cda di Ubi non ha considerato, tra i metodi di valutazione, l’utilizzo dei prezzi di Borsa, nonostante Intesa Sanpaolo e Ubi siano società quotate con una liquidità tali da consentire la formazione dei prezzi sulla base delle ampie informazioni disponibili sulle prospettive di crescita, sul profilo di rischio e sulla generazione di utile e non ha evidenziato in maniera chiara il premio implicito riconosciuto nell’offerta sulle quotazioni di mercato delle azioni di UBI Banca sui vari orizzonti temporali tipicamente presi a riferimento.
Infine, il cda di Ubi non ha confrontato tale premio con quanto pagato mediamente in altre operazioni di mercato similari (Ops, Ops e Opa)”.