Eni – Prive di fondamento le richieste della procura nel processo Nigeria

La Procura di Milano ha chiesto la condanna ad 8 anni di carcere per l’Ad di Eni Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni e la confisca di 1,092 miliardi di dollari a carico di Eni e Shell nell’ambito di un processo per corruzione internazionale sul caso Eni-Nigeria.

La presunta tangente sarebbe stata versata per ottenere “senza gara” i diritti di esplorazione del blocco petrolifero Opl245, a carico di Eni e Shell, le due compagnie imputate.

Eni considera prive di qualsiasi fondamento le richieste di condanna avanzate dal Pubblico Ministero ai danni della società, dei suoi attuale ed ex Amministratori delegati, e dei manager coinvolti nel procedimento.

Le difese -specifica Eni in una nota- dimostreranno al Tribunale che la società e il suo management operarono in modo corretto nell’ambito dell’operazione Opl245.

La società ricorda che Eni e Shell corrisposero per la licenza un prezzo d’acquisto congruo e ragionevole direttamente al Governo nigeriano, come contrattualmente previsto attraverso modalità chiare, lineari e trasparenti e che Eni non conosceva, né era tenuta a conoscere, l’eventuale destinazione dei fondi successivamente versati a Malabu dal Governo nigeriano, pagamento che peraltro avvenne dopo un’istruttoria dell’Autorità Anticorruzione della Gran Bretagna (SOCA).

Eni ricorda, infine, che i provvedimenti del Dipartimento di Giustizia e dalla Sec americani hanno chiuso le proprie indagini senza intraprendere alcuna azione nei confronti della società. Le molteplici indagini interne affidate a soggetti terzi internazionali da parte degli organi di controllo della società avevano già da tempo evidenziato l’assenza di condotte illecite.

Eni confida che la verità potrà finalmente essere ristabilita ad esito delle argomentazioni difensive che saranno svolte alla fine di settembre in attesa della sentenza del Tribunale.