Giglio Group è capofila di una cordata che punta a rilevare Brooks Brothers, brand storico di abbigliamento formale e di lusso che, a causa della crisi determinata dalla pandemia, ha presentato istanza di fallimento. Le offerte competitive dovranno essere presentate entro il prossimo 5 agosto mentre l’udienza formale per la vendita è stata fissata per l’11 agosto.
Brooks Brothers è “un marchio con oltre 200 anni di storia, che ha vestito tutti i presidenti americani, i più grandi vip di Hollywood, ma con la palla al piede del retail come tutte le aziende del fashion e non solo del fashion”, afferma Alessandro Giglio, presidente di Giglio Group in un’intervista a “L’Economia del Corriere della Sera”.
E prosegue “La moda è stato il primo settore a subire l’impatto così forte del digitale, ma a seguire verrà l’elettronica, l’alimentare, in generale tutto il retail che appesantisce i modelli di business. Metteremo a disposizione del marchio tutte le nostre competenze”.
“A promuovere la cordata e a coinvolgermi”, aggiunge Giglio, “è stato Luciano Donatelli, che coordinerà tutto il progetto se riusciremo nel nostro intento. Siamo cinque soggetti che operano in settori diversi. Oltre a noi il gruppo Verzoletto, Brando Crespi, oltre a un famoso marchio comasco di cui non sono autorizzato a fare il nome, oltre alla giurista d’impresa Lorenza Morello che rappresenta alcuni partner cinesi”.
“La nostra idea è che unendo i know how possiamo essere vincenti. Rispetto ai nostri competitor americani, tutti fondi di investimento, il nostro è un approccio industriale”.
Nell’intervista Giglio conferma che le tre fabbriche americane di Brooks Brothers resteranno aperte, aggiungendo che “grazie all’ampliamento della gamma e all’espansione del fatturato, soprattutto in Asia, pensiamo di portare produzioni anche in Italia”.
“Non dimentichiamo”, afferma Giglio, “che in Asia, dove come Giglio siamo particolarmente forti, si consuma il 33% del lusso mondiale e il 60% viene venduto con il digitale. Per questo il nostro piano prevede che lo sviluppo dell’online avrà un’impennata straordinaria: al quinto anno prevediamo nel settore specifico, solo in Far East, di generare il 51% del turn over on line globale”.