Prosegue il rimbalzo di Mps a Piazza Affari. Intorno alle 11:15 il titolo segna un rialzo del 2,5% a 1,15 euro, dopo il +8,3% messo a segno ieri. L’indice di settore sale del 2,9 per cento.
Il tutto dopo che nello scorso week end sono tornati in auge i rumor di M&A per la banca senese, parlando di un’accelerazione. In base agli accordi con le autorità europee, il Tesoro (primo azionista con il 68,2% del capitale) dovrebbe privatizzare la banca entro la primavera del 2022, in concomitanza con l’approvazione del bilancio 2021.
Al momento, tuttavia, le attenzioni del Tesoro e del cda sarebbero rivolte al rafforzamento patrimoniale della banca. Ieri si sarebbe tenuto un nuovo board straordinario nel corso del quale, secondo quanto riportato da Reuters, l’Ad Guido Bastianini ha espresso la necessità di un rafforzamento da 1,5-2 miliardi per evitare che i requisiti patrimoniali scendano sotto i minimi entro il primo trimestre 2021.
Il manager avrebbe parlato di un aumento di capitale o della possibilità di emettere strumenti AT1, spiegando però che questi ultimi sono molto onerosi.
L’istituto è chiamato a rafforzare il patrimonio per adeguarsi alle richieste della BCE per dare il via libera al progetto di scissione di 8,1 miliardi di Npe. A questo scopo la banca ha già collocato un bond Tier2 da 300 milioni e dovrebbe emettere, second rumor di mercato, strumenti AT1 per circa 700 milioni, che fino al 70% (nel decreto Agosto sono stati accantonati 1,5 miliardi per interventi a sostegno dell’istituto) dovranno essere sottoscritti dal Tesoro e per almeno il 30% dai privati.
I quotidiani citano anche le potenziali cause legali da 10 miliardi in capo alla banca senese, con alcuni che sono stati riclassificati da possibili a probabili dopo la recente sentenza contro gli ex vertici, a fronte dei qual il cda ha deciso di aumentare gli accantonamenti (si parla di oltre 400 milioni).
Tornando ai rumor di M&A, gli ultimi (smentiti) riportano che il Tesoro potrebbe mettere a disposizione una dote da oltre 5 miliardi (2-2,5 miliardi come rafforzamento patrimoniale e per coprire i costi di integrazione e 3,6 miliardi legate a imposte differite) per favorire un’eventuale aggregazioni con un’altre banca, individuata in UniCredit, il cui Ceo Jean Pierre Mustier continua a rimarcare il mancato interesse per operazioni di M&A.
Un quadro più chiaro lo si potrebbe avere giovedì 5 novembre, quando il board si riunirà per approvare i conti dei primi nove mesi del 2020.