“La via maestra resta la crescita interna, non cambiamo l’approccio: siamo come un’azienda di operai specializzati concentrati nell’offrire i migliori servizi ai clienti e non partecipiamo al dibattito in corso, né alle indiscrezioni, su possibili fusioni e acquisizioni all’interno dell’industria italiana del risparmio”.
Lo ha affermato in un’intervista a Il Sole 24 Ore Alessandro Foti, Ad e Dg di Fineco.
“Siamo una public company a tutti gli effetti, una delle poche in Italia, e per definizione siamo contendibili: se qualcuno è interessato può farsi avanti. Tutto ciò rappresenta uno straordinario valore, dato che avere un padrone inflessibile come il mercato, che chiede ritorni elevati e sostenibili nel tempo e non ha secondi fini, è anche la miglior garanzia per i clienti e per chi lavora nel gruppo. Anche per questo motivo non abbiamo alcun particolare interesse a svilupparci per linee esterne, perché distrarrebbe risorse e rallenterebbe la crescita organica”, ha spiegato il manager.
Nel frattempo il titolo viaggia sui massimi storici, sostenuto dall’ottima raccolta netta registrata nel 2020, balzata a 9.283,2 milioni (+58,9% a/a) dopo il record storico toccato dal flusso di dicembre (+119,4% su base annua a 1.582,6 milioni. Oggi intorno alle 10:30 il titolo guadagna l’1,5% a 13,94 euro, mentre l’indice di settore sale dell’1,4 per cento.
Foti ha poi ribadito: “Restiamo ben posizionati per cavalcare i principali trend strutturali in atto, che restano la digitalizzazione dei processi e la sempre maggior consapevolezza degli italiani di voler gestire il proprio risparmio in modo efficiente e che la crisi Covid ha semmai accelerato”.
In merito alla strategia, Foti ha riportato: “Entro il primo trimestre dell’anno faremo ingresso nel mondo dei certificati a leva, dove interverremo come emittenti e anche in qualità di market maker. L’intenzione poi è di fare sempre più affidamento al contributo di Fineco Asset Management, la controllata irlandese attraverso la quale gestiamo già masse per oltre 16 miliardi, il tutto senza sconfessare l’architettura aperta che caratterizza le nostre gestioni”.