Mps – Rumor sul possibile rinvio della privatizzazione, domani il cda sul capital plan

Nuovi rumor sul processo che dovrebbe portare alla privatizzazione di Mps, che in base agli accordi presi tra il Tesoro (primo azionista con il 64,2% del capitale) e le autorità europee dovrebbe avvenire entro l’anno in corso.

L’incertezza sul quadro politico causata dalla crisi di Governo che ha portato alle dimissioni del premier Giuseppe Conte potrebbe rallentare l’iter attraverso cui il MEF intende uscire dal capitale.

Secondo quanto riporta MF, non è da escludere l’ipotesi di richiedere alla Commissione Europea un rinvio della privatizzazione, spostando la scadenza di due anni. Un confronto in tal senso, aggiunge il quotidiano, non si preannuncerebbe semplice.

Il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, avrebbe accelerato dopo la pausa estiva per rispettare i termini previsti, con UniCredit che è stata indicata come il partner più probabile per un’aggregazione. Il Governo, aggiunge il quotidiano avrebbe pensato anche a una dote per agevolare l’operazione, tra cui la conversione delle Dta in crediti di imposta, un ulteriore de-risking della banca senese e una garanzia sui potenziali rischi legali da circa 10 miliardi in capo all’istituto.

UniCredit ha ribadito di recente che non accetterà alcuna operazione che possa impattare sulla propria posizione patrimoniale. Inoltre, bisognerà attendere la nomina del nuovo Ceo per poi capire quale strategia vorrà intraprendere.

Nei giorni scorsi Mps ha nominato Credit Suisse advisor finanziario in affiancamento a Mediobanca per valutare le varie opzioni strategiche. Pochi giorni fa la banca avrebbe aperto la data room ma nessun operatore potenzialmente interessato finora ne avrebbe richiesto l’accesso secondo indiscrezioni di stampa.

Nel frattempo, domani si terrà il cda per definire il capital plan da presentare alla BCE entro fine mese. Il rafforzamento patrimoniale è stimato in 2-2,5 miliardi.

Intorno alle 11:40 a Piazza Affari il titolo registra un progresso dello 0,5% a 1,07 euro, mentre l’indice di settore lascia sul terreno lo 0,6 per cento.