Royal Dutch Shell ha chiuso il 2020 con una perdita di 21,7 miliardi di dollari rispetto all’utile di 15,8 miliardi dell’anno prima, per effetto del crollo delle quotazioni del greggio e delle svalutazioni legate alla crisi innescata dalla pandemia.
Un rosso che supera anche quello annunciato dalla concorrente britannica Bp, che ha archiviato lo scorso anno con un passivo di 20,3 miliardi di dollari. Shell, inoltre, si è mostrata prudente sull’inizio del 2021, mettendo in guardia sull’impatto ancora negativo della crisi sanitaria sulla domanda di idrocarburi.
Nel quarto trimestre 2020, la società ha riportato un utile adjusted di 393 milioni di dollari, inferiore ai 655 milioni previsti dal consensus, e un cash flow from operations in calo del 39% su base annua a 6,3 miliardi che ha portato a un aumento del debito.
Ciononostante, la società ha ribadito il suo impegno ad aumentare nuovamente il dividendo, dichiarando che il payout per il primo trimestre sarà incrementato di circa il 4% a 0,1735 dollari per azione.
Risultati che rafforzano l’evidenza sulle difficoltà dell’industria oil, anche dopo i massicci tagli ai dividendi e agli investimenti effettuati dalle big del settore.
I prezzi del greggio hanno recuperato terreno dai minimi toccati dello scorso anno, fino a toccare questa settimana i massimi degli ultimi dodici mesi, ma i lockdown causati dal Covid continuano a penalizzare la domanda di carburante e i margini di raffinazione.