Il CBRE Market Outlook 2021 Italia ha sottolineato come il Covid-19 abbia determinato per il settore immobiliare cambiamenti importanti, accelerando quei processi di trasformazione già in atto e rafforzando il trend di crescita di alcuni segmenti. Secondo l’analisi condotta dalla società di consulenza leader di mercato nel real estate, gli uffici resteranno la principale asset class del mercato immobiliare italiano, indipendentemente dai diversi interrogativi riguardanti configurazione, dimensionamento e qualità degli spazi.
ll 2020 si è chiuso con un volume di investimenti pari a 3,7 miliardi, in contrazione del 26% rispetto al 2019, registrando però un livello superiore rispetto alla performance complessiva del mercato immobiliare italiano.
Come accennato, gli uffici hanno confermato il ruolo di catalizzatore degli investimenti con una quota pari al 42% dei volumi complessivi (40% nel 2019) e Milano ha inevitabilmente continuato ad attirare la maggior parte degli investimenti (60%), potendo contare sulla disponibilità di prodotto core nel CBD e da significative operazioni di asset stabilizzati in location secondarie. Positivi anche i risultati derivanti dalle operazioni value-add/core +, anche se riferite a deal originati pre-pandemia. Roma conferma l’interesse degli investitori verso asset core ma sconta la mancanza di un prodotto stabilizzato di qualità e coerente con le esigenze attuali in termini di sostenibilità.
Per CBRE, la ripresa della domanda è prevista a partire dalla fine del 2021, beneficiando di una “normalizzazione attesa con la diffusione del vaccino e con il progressivo chiarirsi degli impatti della pandemia sulle nuove modalità lavorative e sull’ammontare effettivo di spazi richiesto dal mondo occupier”. La ripartenza sarà anche sostenuta da una ripresa economica che spingerà le aziende verso attività di espansione e capex.
Il flight to quality, già driver della domanda di uffici nel pre-covid, continuerà a consolidarsi, diventando un elemento imprescindibile. Una notizia positiva per Coima Res e coerente con le indicazioni già fornite dalla società quotata a Piazza Affari, secondo cui la pandemia ha portato una rapida conversione dei modelli di lavoro tipici, alimentando la domanda di quartieri qualificati, altamente connessi alla rete del trasporto pubblico, dotati di disponibilità di servizi, opzioni di wellness e presenza di spazi pubblici di qualità e caratterizzati da un alto grado di diversificazione in termini di destinazione d’uso.
Elementi che anche per CBRE contrasteranno con efficacia le intenzioni di riduzione degli spazi a uso ufficio derivanti dal fenomeno smart-working, in ragione della volontà di investire nel cambiamento del layout degli spazi, aumentando gli spazi dedicati alle aree collaborative a scapito di quelle individuali, oltre a incrementare la componente tecnologica, con previsioni di crescita anche per gli spazi destinati a sale riunioni-eventi, esterni ed aree verdi.
Gli intervistati dal sondaggio CBRE hanno infatti messo in evidenza anche una consapevolezza dei potenziali impatti negativi derivanti dal prolungato lavoro da remoto, come la capacità di coltivare e mantenere talenti, la capacità di trasmettere know-how e valori aziendali, nonché il benessere psico-fisico del personale.
La richiesta di sostenibilità continuerà a crescere ulteriormente, puntando verso soluzioni maggiormente attente al benessere dei dipendenti e certificazioni in grado di attestare determinati standard. L’attenzione verso la sostenibilità rappresenta un elemento fondante della strategia di Coima Res che può vantare un 72% del portafoglio a uso ufficio composto da edifici di nuova costruzione, o recentemente ristrutturati, certificati secondo il protocollo LEED (28% dei restanti immobili saranno aggiornati e ristrutturati nei prossimi anni).
La centralità degli uffici per le aziende resterà pertanto ancora predominante, considerando la necessità di aumentare spazi collaborativi in grado di compensare la riduzione della domanda di spazio per effetto smart-working. Una recente ricerca di CBRE ha inoltre aggiunto che le policy di smart working e la riduzione degli spazi non hanno una relazione perfettamente correlata, considerando che “una gestione dei flussi di lavoro in ufficio determina dei picchi di affluenza incompatibili con una riduzione massiccia degli spazi” e come “la turnazione dei dipendenti, unica soluzione che permetterebbe alle aziende un’effettiva riduzione degli spazi non si coniuga con le esigenze di flessibilità e socialità che gli stessi occupier dichiarano di avere in modo crescente”.