Carige per il 2021 stima una margine di intermediazione tra 430 e 450 milioni, poco sotto i 458 milioni prospettati dal piano al 2019-2023, mentre il cost/income e’ atteso scendere al 90-95% a fronte del 109% del 2020.
Lo si legge nella presentazione relativa ai risultati preliminari 2020, divulgati ieri dalla banca ligure, che ha annunciato lo slittamento di un anno dei target relativi al risultato netto, stimato negativo per 80 milioni per l’anno in corso (prima atteso per il 2020, che invece è stato archiviato con una perdita netta di 185,3 milioni).
Per il 2021 Carige prevede il raggiungimento del break even operativo (margine di intermediazione al netto dei costi operativi) e una ulteriore stabilizzazione del costo del credito, che dovrebbe ridursi al di sotto del livello annualizzato di 80 pb registrato del 2020.
Dalla presentazione emerge che la fusione tra Carige e un’altra banca porterebbe in dote all’acquirente immediatamente circa 450 milioni di crediti di imposta derivanti dalla valorizzazione Dta, ammontare che negli anni successivi supererebbe 1 miliardo.
Tra le principali sinergie derivanti da una business combination, in caso di completamento dell’operazione entro il 2021 (o cambio di controllo entro il 2021 e completamento dell’operazione entro 12 mesi), ci sarebbe la possibilità di conversione immediata di Dta
fino al 2% del totale attivo (22 miliardi a fine 2020).
Tra le altre sinergie (variabili in base all’acquirente) ci sarebbero la possibilità di sfruttare l’avviamento negativo (badwill) per la generazione di una plusvalenza e la riduzione dell’assorbimento patrimoniale degli attivi grazie al passaggio ad un modello AIRB (rispetto al modello interno utilizzato attualmente) per la misurazione del rischio di credito.