Tornano a circolare i rumor in merito alla privatizzazione di Mps, di cui è primo azionista il Tesoro con il 64,2% del capitale.
Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, a fine 2020 una cordata di investitori americani guidata dall’ex deputato democratico Norman Dicks avrebbe sondato il MEF, facendo un’offerta di 900 milioni per rilevare suddetta quota, nell’ambito di un piano da 4 miliardi.
Secondo il quotidiano, il Tesoro sarebbe rimasto freddo di fronte a questa possibilità a causa dei dubbi sulla fattibilità del progetto. Gli investitori sarebbero rimasti anonimi.
Lo si apprende da Radiocor, secondo cui il parere è stato inserito nella relazione che il cda presenterà all’assemblea del prossimo 6 aprile.
Suddetto fabbisogno, secondo i sindaci è in parte legato anche a una prevista modifica di regole sui modelli interni “a cui è dovuta una parte significativa dell’incremento atteso delle attività ponderate per il rischio (rwa) nel secondo semestre del 2021”.
Tale modifica potrebbe subire uno slittamento al 2022 e, in tale eventualità “è ragionevole attendersi che la banca riuscirebbe, anche in assenza dell’operazione di rafforzamento patrimoniale, a contenere lo shortfall nell’esercizio 2021 nei limiti del capital conservation buffer, il cui utilizzo è stato ammesso dalla BCE all’inizio della pandemia”.
La banca “è peraltro impegnata in operazioni volte a minimizzare gli effetti dello shortfall atteso”. La relazione dei sindaci ricorda che lo shortfall prospettico di capitale rispetto ai requisiti patrimoniali minimi, che potrebbe manifestarsi a partire dal trimestre in corso, si stima possa arrivare a 1,5 miliardi a fine 2021.
Intorno alle 11:30 a Piazza Affari il titolo viaggia sulla parità a 1,18 euro, mentre l’indice di settore cede l’1 per cento.