Mps – A luglio si potrebbe avere un quadro più chiaro sulla privatizzazione

Nel prossimo mese e mezzo si potrebbe avere un quadro più chiaro sulla privatizzazione di Mps, con il Tesoro, primo azionista della banca con il 64,2% del capitale, che potrebbe definire la road map per l’uscita entro luglio, mese in cui sono attesi anche gli esiti degli stress test.

Lo si apprende da MF, secondo cui il MEF intende accelerare le tempistiche ed è poco probabile che possa chiedere all’UE una proroga della scadenza, attualmente fissata a fine 2021 in base agli accordi presi nel 2017.

Secondo il quotidiano, la strada preferita dal Tesoro resta quella della vendita a un unico acquirente per preservare l’intero perimetro commerciale, mentre l’ipotesi del cosiddetto “spezzatino”, circolata negli ultimi giorni, non sarebbe considerata.

L’eventuale acquirente potrebbe poi successivamente considerare la scissione in uno o più perimetri, come fatto da Intesa Sanpaolo nell’acquisizione di Ubi.

Allo stato attuale la data room, aperta nei mesi scorsi, risulta ancora deserta a parte l’ingresso del fondo Apollo, che però sembra molto freddo sul dossier.

UniCredit continua ad essere indicata come il partner più probabile per un’integrazione con l’istituto toscano, anche se banche di medie dimensioni avrebbero avviato nelle scorse settimane interlocuzione con i consulenti del MEF (Mediobanca, Credit Suisse, Bonelli Erede e Oliver Wyman) per raccogliere informazioni.

Sullo sfondo, ricorda il quotidiano, resta l’ostacolo legato ai potenziali rischi legali per circa 10 miliardi in capo a Mps, di cui 3,8 miliardi legati alla Fondazione Mps. Si starebbe già ragionando per trovare possibili soluzioni, tra cui accordi transattivi, un premio assicurativo o una garanzia finanziaria su un perimetro di rischi abbastanza elevato. Meno timori desterebbe al momento l’asset quality della banca senese.

Secondo rumor riportati da Il Messaggero Andrea Orcel, Ceo di UniCredit, avrebbe fatto arrivare segnali di indisponibilità ad acquisire la maggioranza sia pure in un piano di garanzie sui rischi pregressi, e utilizzando il beneficio fiscale dei 4 miliardi di Dta convertibili in crediti di imposta.

La proposta fatta pervenire da Orcel tramite l’advisor sarebbe di procedere a un break-up (spezzatino) nel quale lo Stato dovrebbe ricollocare i circa 6.000 dipendenti in esubero della direzione generale tramite un data center che sembra una manovra gradita ai sindacati. Allo spezzatino prenderebbero parte, oltre a UniCredit, anche Mcc-Popolare di Bari e, forse, Bper.

Intorno alle 14:30 a Piazza Affari il titolo guadagna l’1% a 1,25 euro, mentre l’indice di settore cede lo 0,2 per cento.