Potrebbe prendere corpo l’ipotesi di una proroga della presenza del Tesoro nel capitale di Mps, di cui detiene il 64,2 per cento. L’uscita, in base agli accordi presi con le autorità europee nel 2017, è attualmente fissata al 31 dicembre 2021.
L’indiscrezione viene riportata da Il Sole 24 Ore, secondo cui al momento la strada per individuare un compratore appare in salita.
I rumor hanno spesso indicato UniCredit come il partner più plausibile per una fusione con la banca toscana. Nei giorni scorsi il Ceo dell’istituto di piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel, ha spiegato che il focus al momento è sulla riorganizzazione interna, allontanando le ipotesi di M&A, che eventualmente fungerebbero solo da acceleratore della strategia.
Un elemento chiave sul futuro dell’istituto senese, secondo il quotidiano, potrebbe venire fuori dagli esiti degli stress test, fissati per il 31 luglio. Da li si avrà un quadro più chiaro sullo shortfall di capitale stimato nello scenario avverso, anche se rumor di mercato sostengono che l’aumento di capitale da 2,5 miliardi già preventivato da Mps, le cui tempistiche potrebbero avverarsi tra marzo/aprile 2022, sarà sufficiente per fare fronte alla carenza di capitale.
Nei giorni scorsi l’Ad Guido Bastianini ha spiegato che lo shortfall potenziale è già sceso da 1,5 miliardi a sotto il miliardo, e “potrebbe risultare in ulteriore riduzione, grazie all’evoluzione del contesto macroeconomico e alla conseguente dinamica economica della banca”.
Tuttavia, l’ipotesi dell’aumento di capitale rimane subordinata alla cosiddetta soluzione strutturale (fusione con un altro istituto), che al momento appare piuttosto lontana.
Secondo il giornale, le interlocuzione tra UniCredit e gli advisor del MEF starebbero proseguendo in questi giorni, con il possibile ingresso dell’istituto guidato da Orcel nella data room di Mps.
Ci sarebbero poi alcune questioni da dirimere, dalla sterilizzazione dei 10 miliardi di potenziali rischi legali in capo alla banca senese (di cui 3,4 miliardi chiesti dalla Fondazione Mps), alla neutralizzazione degli impatti sul capitale, dalla riduzione degli Npl (potrebbe intervenire AMCO), allo scioglimento di tutti gli accordi in essere sulle fabbriche-prodotto di Mps, come avrebbe chiesto la stessa UniCredit.
Tornando alla possibile proroga della presenza pubblica nel capitale di Mps, un’eventualità di questo genere dovrebbe essere comunque discussa e concordata con le autorità europee, anche nell’ottica di un potenziale accordo con UniCredit (sullo sfondo resta l’ipotesi del cosiddetto spezzatino).
Intorno alle 12:30 a Piazza Affari il titolo cede il 2,1% a 1,07 euro, mentre l’indice di settore segna un ribasso del 2,8 per cento.