Le interlocuzioni tra UniCredit e il Tesoro potrebbero arrivare almeno fino a ottobre (o novembre), con l’attesa iniezione di capitale da parte del Tesoro tra dicembre e gennaio a valle dei negoziati con Commissione UE e BCE.
L’indiscrezione circa uno sforamento della fase di esclusiva, che termina a inizio settembre, arriva sia da Il Sole 24 Ore che da Reuters, secondo cui è probabile la scelta di andare oltre il 3 ottobre, data del voto a Siena.
Secondo quanto riporta il Sole 24 Ore, l’esito della due diligence, concentrata in particolare sui crediti ma anche sulla rete commerciale e sulle controllate, rappresenterà solo il punto di partenza in base al quale UniCredit stabiliva il perimetro esatto degli attivi che sarà disposta a rilevare, e da cui partirà un negoziato con il Tesoro destinato non solo a decidere se l’operazione si farà o meno, ma anche le precise condizioni. Nello specifico, bisognerà tradurre in numeri i principi concordati lo scorso 29 luglio.
La trattativa dovrebbe durare alcune settimane in modo da arrivare, in caso di esito positivo, giusto in concomitanza con la presentazione del nuovo piano industriale di UniCredit, prevista nel quarto trimestre 2021.
Tra dicembre e gennaio 2022 il Tesoro (primo azionista della banca senese con il 64,2% del capitale), dopo avere finalizzato le interlocuzione con le autorità europee, potrebbe portare a termine il probabile aumento di capitale, in modo da procedere con l’integrazione vera e propria a inizio 2022.
Tornando alla due diligence, oltre al retail e al corporate, l’attenzione è soprattutto sui crediti, sulla qualità e sulle sovrapposizioni, con l’Ad di UniCredit, Andrea Orcel, che si starebbe avvalendo della consulenza di Kpmg e dello studio legale Cappelli Rccd.
Le cifre di massima su cui si starebbe ragionando ammonterebbe intorno a 4,5 miliardi da conferire alla bad bank, per poi essere assorbiti da AMCO (insieme a un centinaio di dipendenti). Tutto però dipenderà dagli esiti della valutazione in corso, che dovrà stabilire anche come funzionerà l’adeguata copertura di eventuali ulteriori rischi di credito, in base all’intesa siglata con il MEF.
Un’altra questione importante è quella relativa ai potenziali esuberi, da gestire (e finanziare) sotto forma di uscite anticipate. Si dovrebbe partire dai 2.500 già previsti da Mps nel piano stand alone, che al lordo degli ingressi concordati con il sindacato sono 3.300, a cui potrebbero aggiungersi quelli che emergeranno a seguito della due diligence.
Per ora non sono confermati i rumor di stampa circolati nei giorni scorsi, che riportavano di oneri per 1,4 miliardi per coprire fino a 7 mila potenziali uscite.
L’elenco degli asset da includere nel perimetro (tra cui le filiali del Centro-Nord e la banca digitale Widiba) , e il valore attribuito, saranno oggetto della fairness opinion finale di cui avrà bisogno Orcel per sottoporre la pratica al cda e anche nell’ottica della quota che il MEF . In lizza per ricevere il mandato, secondo quanto riporta il quotidiano, ci sarebbero Morgan Stanley, Citigroup e Goldman Sachs.
Secondo quanto riporta Il Messaggero, potrebbe fare il proprio ingresso nella data room per una valutazione degli asset (su spinta del MEF) Mediocredito Centrale per, indicata dai rumor come potenziale acquirente delle filiali del Sud, in particolare del ramo costituito dagli sportelli in Sicilia (circa 100) e Salento (65) che facevano capo alla ex Banca 121, che UniCredit dovrebbe cedere anche in ottica Antitrust.
Intorno alle 10:30 a Piazza Affari le azioni UniCredit cede lo 0,5% a 10,60 euro, mentre i titoli Mps viaggiano sulla parità a 1,16 euro. L’indice di settore cede lo 0,1 per cento.