Mps – Ancora indiscrezioni sui prossimi passi per la privatizzazione dopo stop negoziato MEF-UniCredit

Dopo l’interruzione delle trattative tra UniCredit e il Tesoro per un perimetro selezionato da Mps, continuano a rincorrersi i rumor sui prossimi passi per la privatizzazione della banca senese, di cui il MEF è il primo azionista con il 64,2% del capitale.

Secondo indiscrezioni riportate da Reuters, l’Italia punterebbe a negoziare con le autorità europee una proroga lunga anni del termine per privatizzare di Mps.

All’inizio il MEF puntava a presentare alla Commissione Europea a fine 2021 con l’obiettivo di uscire concretamente dall’istituto senese con l’approvazione del bilancio 2021, quindi al più tardi a metà 2022. Tuttavia, con lo stop al negoziato Tesoro-UniCredit questa ipotesi è diventata difficile da portare avanti.

Secondo quanto si apprende da MF, il Tesoro avrebbe già avviato le interlocuzioni con la DG Comp della Commissione Europea per prorogare il termine di fine anno per privatizzare l’istituto toscano.

Secondo il quotidiano Bruxelles dovrebbe concedere il via libera, ponendo però una serie di condizioni. Tra i paletti chiesti da Bruxelles per concedere un prolungamento del regime di nazionalizzazione vi sarebbero tre principali contropartite: una riduzione del perimetro, con
dismissioni di asset; l’abbassamento del cost/income dall’attuale 68,6% in un intorno del 55% e aumento del Return on Equity in zona 8% (6,8% alla fine del primo semestre), oltre, ovviamente, al rispetto di requisiti minimi di capitale.

Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, invece, il Tesoro starebbe pensando, per rafforzare la solidità patrimoniale della banca senese, a un piano che prevede un aumento di capitale di mercato (con diritto di opzione), che coinvolgerebbe l’azionariato attuale (e quindi lo stesso MEF, che parteciperebbe pro-quota). Il tutto accompagnato da un credibile progetto di rilancio per recuperare efficienza, per poi riprivatizzarla.

Secondo il giornale, la possibile proroga che l’UE dovrebbe concedere sarebbe almeno di 12-18 mesi, estendibili a 24, e comunque una scadenza flessibile che sia coerente con l’avvio di un nuovi percorso per Mps, che finisca il lavoro di risanamento ma avvii anche il rilancio, anche con possibili ricambi al vertice come segno di discontinuità.

“Se l’Italia crede che ci siano altri modi per adempiere e per uscire dalla proprietà di Mps, spetta a loro avanzare proposte. Noi restiamo in contatto con le autorità. L’Italia deve essere all’altezza degli impegni”, ha fatto sapere un portavoce di Bruxelles.

A permettere una modifica dell’intesa raggiunta nel 2017 dovrebbe essere, oltre all’impegno profuso in questi mesi dal MEF per arrivare alla privatizzazione della banca toscana, c’è anche il cambiamento dello scenario di riferimento, con una ripresa più forte delle previsto dopo gli impatti negativi della pandemia. Elemento da tenere in considerazione per capire le ricadute su Mps.

In merito all’ammontare del rafforzamento patrimoniale, che dovrebbe essere effettuato nel corso del 2022, il punto di partenza sono i 2,5 miliardi emersi nel corso degli stress test del 2020, ma è molto concreta la possibilità di un livello maggiore.

L’ammontare dovrà anche tenere conto delle misure che saranno poste in essere per la ristrutturazione dell’istituto, in primis il miglioramento dell’asset quality (con l’intervento di AMCO) e la sterilizzazione dei rischi legali. Senza dimenticare i potenziali esuberi di personale, la cui uscita sarà incentivata su base volontaria.

Si punterebbe quindi a un’operazione di mercato (senza quindi fare ricorso agli aiuti di Stato9, con l’obiettivo di coinvolgere anche altri investitori privati, oltre agli attuali soci. Il MEF dovrebbe aderire pro-quota con gli 1,5 miliardi accantonati in un apposito fondo, oltre ad apportare altre risorse che saranno necessarie.

Intorno alle 11:45 a Piazza Affari il titolo cede lo 0,9% a 1,05 euro, mentre l’indice di settore cede lo 0,5 per cento.