“UniCredit vuole tornare a crescere anche in Italia, un Paese che resta un’area attraente per l’industria dei servizi finanziari. Puntiamo a guadagnare quote di mercato attraverso la crescita organica e valuteremo acquisizioni sia qui che all’estero. Ma ora non abbiamo dossier sul tavolo, l’M&A ha senso se crea valore e questo dipende anche dalle valutazioni relative di mercato. Vorrei che fosse chiaro un concetto: non facciamo regali a nessuno. Le ipotesi su Mediobanca-Generali? Non siamo interessati”.
Lo ha affermato in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore Andrea Orcel, Ceo di UniCredit, a pochi giorni dalla presentazione del nuovo piano strategico.
“Riteniamo di essere già competitivi. In Italia abbiamo una quota di mercato del 10% che è concentrata in aree geografiche che rappresentano il 75% del Pil. In alcuni settori di attività, penso al credito al consumo, negli ultimi anni UniCredit aveva rallentato la spinta al business scendendo a una quota di mercato del 4% che già ora è risalita al 12,5% sulla nuova produzione”, ha sottolineato il manager.
“Più in generale, credo che in ogni Paese in cui operiamo dobbiamo riuscire a far pesare le economie di scala che derivano dall’essere parte di un grande gruppo. Per questo abbiamo creato le due nuove fabbriche prodotto centralizzate (Corporate e Individual) che serviranno le banche dei diversi Paesi”, ha precisato l’Ad.
In merito alla strategia, Orcel ha riportato: “Oggi abbiamo un insieme di partnership assicurative frammentato sia in Italia che all’estero e stiamo studiando come valorizzarlo al meglio, creando maggiore integrazione tecnologica tra i prodotti assicurativi e quelli bancari che offriamo ai nostri clienti.
La situazione è diversa per quanto riguarda l’asset management, dove i nostri accordi hanno un assetto più razionale. Per gestire internamente questo settore servono elevate economie di scala o una killer proposition. Preferiamo pertanto lavorare con partner di riferimento che hanno dimensioni importanti e ci consentono di offrire ai nostri clienti prodotti di eccellenza”.
In merito al tema M&A, il Ceo ha spiegato: “Su Mps ci siamo seduti al tavolo perché poteva essere un’opportunità interessante, con un franchise valido nel Centro Nord. Ci siamo ritirati dopo aver verificato che non era possibile soddisfare condizioni che creassero valore per i nostri azionisti. Andando oltre il caso specifico, ribadisco che l’M&A è buono se è fatto nei termini giusti, non va fatto a tutti i costi. Noi siamo già competitivi, non abbiamo urgenza di farlo. Altri, non so. Vale per l’Italia ma anche per la Germania o altrove: valuteremo aggregazioni solo se e quando contribuiscano alla creazione di valore per i nostri azionisti”.
“Credo che l’M&A possa essere un acceleratore, ma solo alle giuste condizioni. Prenderemo in considerazione le opportunità sul mercato laddove abbiano coerenza strategica, rafforzino il business e assicurino la giusta remunerazione agli azionisti in un arco di tempo ragionevole. Valuteremo solo le opzioni di M&A in grado di soddisfare tutti e tre questi criteri”, ha precisato il manager.
Riguardo al ruolo della tecnologia, l’Ad ha affermato: “Nel piano abbiamo previsto 2,8 miliardi di investimenti nel digitale nei prossimi anni e un piano di assunzioni di 2.100 persone nel Digital & Data. In prospettiva vogliamo trasformarci in banca digitale. Abbiamo avviato un percorso che punta inizialmente a reinternalizzare i servizi IT che avevamo esternalizzato, poi razionalizzeremo l’infrastruttura e infine cominceremo veramente a vivere il digitale. È l’avvio di un percorso che durerà alcuni anni”.