Il Tesoro punterebbe a un accordo con le autorità europee per le modalità di privatizzazione di Mps, di cui detiene il 64,2% del capitale, entro fine marzo.
Lo si apprende da Il Sole 24 Ore, secondo cui al momento il tutto sarebbe al momento in stand-by in attesa che si sblocchi lo stallo politico legato all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Secondo quanto riporta il giornale, il MEF, insieme ai vertici della banca, starebbe lavorando sul nuovo piano in un clima di massima collaborazione con tutte le authority coinvolte, la BCE e la Dg Comp della Commissione Europea.
Tuttavia, la questione non è ancora entrata nel vivo e non sarebbero stati ancora affrontati i due punti fondamentali: la proroga della presenza pubblica nel capitale della banca senese e l’iter per la successiva uscita e la revisione dei target del piano industriale e gli impegni per risanare l’istituto (i due temi sono strettamente legati).
Il quotidiano aggiunge che attualmente l’unica condizione posta dall’UE è che l’aumento di capitale da 2,5 miliardi (che potrebbe essere rivisto) venga effettuato a condizioni di mercato.
Per quanto riguarda gli altri obiettivi fondamentali, in primis il rapporto cost/income da raggiungere a fine piano, e quindi i potenziali esuberi, oltre alla possibile revisione del perimetro, sono tutti ancora da fissare. Per ora non sarebbero arrivate pressioni in tal senso da Bruxelles, considerando anche la tenuta commerciale mostrata dalla banca.
Il nuovo piano potrebbe l’ingresso nella partita di altri operatori, tra cui AMCO sul fronte dei crediti non performing, Mediocredito Centrale per la possibile vendita di asset non considerati strategici, e Fintecna per le potenziali garanzie relative ai rischi legali in capo a Mps.
Il tutto per arrivare poi ad individuare un potenziale player per un’aggregazione una volta messa in sicurezza la banca, anche se l’operazione potrebbe richiedere tempo considerando che il Tesoro potrebbe rimanere nel capitale ancora per 18-24 mesi e forse anche di più.
Ma soprattutto è il punto di atterraggio finale della banca, e cioè quale sarà il partner con cui Siena dovrà convolare a nozze una volta sistemata, il nodo ancora tutto da sciogliere. Non che la scelta del futuro socio industriale possa essere un tema già all’ordine del giorno, visto che il Tesoro rimarrà nel capitale della banca ancora a lungo, per 18-24 mesi e forse oltre.
Secondo rumor riportati dal giornale, qualche operatore di mercato non esclude un ritorno sulla scena di UniCredit, nonostante l’interruzione delle trattative nei mesi scorsi. Il quotidiano cita anche Bper (attualmente impegnata sul fronte Carige e accostata dalle indiscrezioni a Popolare di Sondrio e Crédit Agricole Italia (che di recente ha acquisito Creval e ha visto sfumare l’opzione Carige), ma al momento si tratta solo di ipotesi.
Il potenziale acquirente potrebbe beneficiare della dote relativa alla conversione delle Dta in crediti fiscali da 2 miliardi, sempre che il provvedimento, attualmente in scadenza il 30 giugno 2022, venga prorogato.
Intorno alle 10:15 a Piazza Affari il titolo viaggia sulla parità a 0,90 euro, mentre l’indice di settore segna un calo dell’1,1 per cento.