Mps ha chiuso il 2021 con un margine di intermediazione pari a 2.979,8 milioni (+1,3% a/a), con il calo del margine del margine di interesse che è stato più che compensato dalla crescita delle altre componenti. Il periodo ha registrato un utile netto di 309,5 milioni (rosso di 1.686,6 milioni nel 2020), beneficiando del buon controllo dei costi, della discesa delle rettifiche su crediti e del calo degli accantonamenti. Si tratta del miglior risultato dal 2015.
Mps ha chiuso il 2021 con ricavi in crescita. Tale dinamica è da ricondurre, sostanzialmente, alla crescita degli altri ricavi della gestione finanziaria, che hanno beneficiato dei maggiori utili da cessione titoli, e alla crescita delle commissioni
nette, principalmente per i maggiori proventi sulla gestione del risparmio e, in particolare, sul collocamento prodotti, oltre che per il maggiore contributo generato dalla partnership con Axa in ambito bancassurance.
Si è assistito, invece, ad un calo anno su anno del margine di interesse soprattutto per il minor contributo del portafoglio non performing derivante, in particolare, dal deconsolidamento del portafoglio “Hydra M” avvenuto a fine 2020, oltre che per il calo dei rendimenti dell’attivo causato dall’andamento dei tassi di interesse e dalla ricomposizione delle esposizioni che vedono una riduzione delle componenti a vista e breve termine e una crescita della componente a medio/lungo termine.
Il margine di interesse ha beneficiato, invece, degli effetti positivi legati all’accesso alle aste TLTRO3, per quanto parzialmente compensati dal costo dei maggiori depositi presso le banche centrali.
Il tutto è stato accompagnato dal buon controllo dei costi, dalla riduzione delle rettifiche su crediti e degli accantonamenti, in particolare sui rischi legali, con relativo impatto positivo sui margini operativi, consentendo il ritorno all’utile.
Il margine di intermediazione si è fissato a 2.979,8 milioni (+1,3% a/a), con la riduzione del margine di interesse che è stata più che compensata dalla crescita delle altre componenti.
Il margine di interesse è sceso a 1.221,5 milioni (-5,4%), per effetto prevalentemente del minore contributo del portafoglio non performing derivante a seguito del deconsolidamento del portafoglio “Hydra M” avvenuto a fine 2020, del maggiore costo della raccolta istituzionale legato alle emissioni effettuate nel secondo semestre 2020, del minore contributo del portafoglio titoli anche a seguito delle vendite realizzate nel corso del 2020 e proseguite nel 2021, del contributo negativo dei derivati di copertura e del calo dei rendimenti dell’attivo causato dall’andamento dei tassi di interesse e dalla ricomposizione delle esposizioni con una riduzione delle componenti a vista e breve termine e una crescita della componente a medio/lungo termine.
Il margine di interesse ha beneficiato, invece, del minore costo della raccolta commerciale e degli effetti positivi legati all’accesso alle aste TLTRO3 per complessivi 279 milioni, per quanto parzialmente compensati dal costo dei maggiori depositi presso le banche centrali, pari a 93 milioni.
Al netto dell’effetto del deconsolidamento del portafoglio “Hydra M”, il margine di interesse avrebbe registrato una crescita del 2,2 per cento.
Le commissioni nette sono salite a 1.484 milioni (+3,8%), a seguito dei maggiori proventi sulla gestione del risparmio (+17,3%), sia per le maggiori commissioni sul collocamento prodotti che per le maggiori commissioni di continuing, che hanno beneficiato di una crescita delle masse medie gestite e del rendimento medio. In calo, invece, le commissioni da servizi bancari per le minori commissioni su credito (-5,3%), anche a seguito della ricomposizione degli impieghi verso forme a più lunga scadenza.
I profitti da trading sono saliti a 197,4 milioni (+15,3%), grazie al favorevole andamento dei mercati finanziari, che invece erano stati penalizzati dalle tensioni connesse all’emergenza Covid-19.
Gli altri ricavi si sono attestati a 76,9 milioni (+52,3%), grazie al maggiore contributo derivante della jv con Axa nella bancassurance.
Gli oneri operativi sono risultati in calo a 2.106 milioni (-3,6%), al cui interno le spese per il personale sono salite di poco a 1.428 milioni (+0,9%), nonostante la dinamica in calo degli organici (legata, in primis, alle 560 cessazioni per Fondo di Solidarietà registrate tra il 1° novembre 2020 e il 1° gennaio 2021), in relazione agli aumenti contrattuali derivanti dal rinnovo del CCNL e al venire meno di risparmi conseguente al mancato rinnovo dell’accordo sindacale. Gli altri costi sono scesi a 678 milioni (-11,9%), grazie alle azioni di saving poste in essere.
Per effetto delle dinamiche sopra descritte, il risultato lordo di gestione si è fissato a 873,8 milioni (+15,3%).
Le rettifiche su crediti sono significativamente calate a 250 milioni (-67,6%; il 2020 includeva 348 milioni di extra rettifiche derivanti dal mutato scenario macroeconomico delineatosi con il diffondersi della pandemia da Covid-19), e comprendono un effetto positivo di 124 milioni di riduzione di rettifiche derivante dall’aggiornamento degli scenari macroeconomici, un impatto negativo di 136 milioni derivante dall’aggiornamento dei modelli di valutazione statistica e un effetto negativo di 75 milioni derivante da taluni affinamenti metodologici afferenti la valutazione delle esposizioni coperte da garanzia statale e delle inadempienze probabili unsecured aventi una determinata vintage.
Anche escludendo tali effetti l’aggregato si pone, comunque, in riduzione rispetto al 2020 principalmente per riprese di valore (pari a circa 130 milioni) registrate su alcune posizioni significative, per le quali si sono verificati eventi societari che ne hanno migliorato il profilo di rischio. Il costo del credito dei primi nove mesi del 2021 beneficia, infine, del venir meno delle rettifiche sulle posizioni del portafoglio “Hydra M”, deconsolidato a fine dicembre 2020.
Il rapporto tra il costo del credito clientela annualizzato ed i finanziamenti clientela al 31 dicembre 2021 esprime un tasso di provisioning di 31 pb (93 pb a fine 2020).
Il risultato netto di gestione, pertanto, è ammontato a 623,8 milioni (-14,9 milioni nel 2020).
Il saldo della voce accantonamenti e poste straordinarie, pari a -360,4 milioni (-72,8%), ha beneficiato dei minori accantonamenti per rischi legali.
L’esercizio si è chiuso con un utile netto di 309,5 milioni (rosso di 1.686,6 milioni nel 2020), registrando anche un contributo positivo di 49 milioni (-342 milioni nel 2020) imputabile principalmente alla valutazione delle Dta.
Dal lato patrimoniale, al 31 dicembre 2021 i finanziamenti alla clientela ammontano a 79,9 miliardi (-12,7% rispetto a fine 2020), principalmente per la minore operatività in PCT (-3,5miliardi) e per la crescita dei mutui (+1,1 miliardi). In flessione, invece, i conti correnti (-0,3 miliardi) e gli altri finanziamenti (-0,5 miliardi).
I crediti deteriorati lordi sono pari a 4,1 miliardi (4 miliardi al 31 dicembre 2020, coverage ratio al 47,9%). In particolare, le sofferenze ammontano a 1,7 miliardi (coverage ratio al 63,7%) e le inadempienze probabili a 2,3 miliardi (coverage ratio al 36,7%). I crediti deteriorati netti sono pari a 2,1 miliardi (2,2 miliardi a fine 2020).
La raccolta diretta si attesta a 90,3 miliardi (-13,4 miliardi rispetto al 31 dicembre 2020), principalmente per la minore operatività in PCT (-5,2 miliardi) e per il calo dei depositi vincolati (-2,4 miliardi), del comparto obbligazionario (-1,8 miliardi), delle altre forme di raccolta (-2,2 miliardi) e dei conti correnti (-1,8 miliardi).
Dal lato della solidità patrimoniale, al 31 dicembre 2021 2021 il CET1 phased in si fissa al 12,5% (12,1% a fine 2020), mentre il CET1 fully loaded è pari all’11% (9,9% al 31 dicembre 2020).
