I futures sull’azionario Usa guadagnano lo 0,1-0,3%, preannunciando una partenza poco sopra la parità a Wall Street dopo che la Federal Reserve ha confermato il proprio impegno nella lotta all’inflazione anche a costo di rischiare una recessione.
Chiusura in calo ieri per i principali indici americani, che hanno accelerato al ribasso nel finale terminando sui minimi intraday in un’altra seduta volatile. Il Nasdaq ha perso l’1,8% e S&P 500 e Dow Jones l’1,7%.
Come da attese, ieri la Fed ha alzato i tassi di interesse di 75 punti base per la terza volta consecutiva, portandoli sui massimi da inizio 2008, e ha anticipato ulteriori strette nei mesi a venire, confermando una strategia molto aggressiva nella lotta all’inflazione.
Il presidente Jerome Powell ha ribadito l’impegno a proseguire le strette monetarie finché non verrà raggiunto il target dell’inflazione al 2% e ha sottolineato come non ci sia “una strada indolore” per riportare sotto controllo i prezzi.
L’istituto di Washington ha inoltre tagliato le previsioni di crescita del Pil allo 0,2% per il 2022 e all’1,2% per il 2023, indicando che i tassi potrebbero salire al 4,4% quest’anno e al 4,6% il prossimo.
Sempre in tema banche centrali, l’intervento della Fed ha preceduto i rialzi odierni della Bank onf England, della Norges Bank e della Banca nazionale svizzera, con quest’ultima che ha abbandonato i tassi negativi dopo quasi 8 anni.
La Bank of Japan, invece, ha confermato la propria politica ultra-accomodante, con Tokyo che è però intervenuta a sostegno dello yen per la prima volta dalla fine degli anni 90, dopo che la moneta giapponese è scesa sui minimi da 24 anni.
Sul fronte macro, infine, le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti si sono attestate a 213 mila unità, rispetto alle 217 mila previste dal consensus e alle 208 mila della rilevazione precedente (rivista da 208 mila unità).