Mercati Usa – Cede l’indice delle small caps (-2,9%)

Ultima seduta di ottava particolarmente difficile a Wall Street che rischia un “venerdì nero”, ma riesce a contenere le perdite in un range compreso tra il punto ed i due punti percentuali, con l’eccezione del Russell 2000 che affonda, invece, del tre. Su molte small caps aleggia infatti lo spettro degli elevati tassi di interesse che pesano su società già molto indebitate.

La giornata era iniziata con un segno positivo, in scia al report del mercato del lavoro del mese di febbraio lievemente migliore delle attese, ma con il passare delle ore gli indici sono tornati sotto pressione sulla notizia della chiusura della Silicon Valley Bank, l’istituto di credito chiuso dall’autorità bancaria americana (FDIC) per manifesta insolvenza. Si tratta della sedicesima banca per asset del Paese e del più grosso fallimento bancario dal 2008.

Il Dow Jones ha perso l’1,1%, lo S&P500 l’1,4% ed il Nasdaq l’1,8%.

Tutti gli undici settori dello S&P500 hanno chiuso in rosso, con il finanziario in calo del 1,8% e l’immobiliare – il più penalizzato – del 3,3%.

L’ottava si è chiusa, invece, con lo S&P500 in calo del 4,5%, il più marcato dallo scorso settembre, portando il guadagno annuo ad un mero +0,6%. Il Dow Jones ha lasciato sul terreno il 4,4% ed è in rosso di oltre il tre per cento dal primo gennaio, mentre il Nasdaq ha perso il 4,7%, ma mantiene un progresso superiore al 6% nel 2023.

Tra i titoli più penalizzati Charles Schwab – la banca di trading online – la quale cede oltre l’undici per cento e quasi un quarto del suo valore nelle ultime tre sedute. In calo anche Gap (-6,3%), in scia ad una trimestrale deludente e stessa sorte anche per Oracle (-3%) in after hours.

Seconda seduta di forte rialzo per il VIX (+10%) in progresso di 2,2 punti a 24,9 ed al massimo degli ultimi tre mesi.

Forte terremoto sul mercato obbligazionario che subisce una sorta di “flight to safety” per le tensioni nel settore finanziario domestico. I rendimenti si inabissano sulla parte lunga della curva dei tassi d’interesse con il Tbond che scivola di ventuno punti base al 3,70%.

Tra le materie prime, il petrolio (+1%) riesce ad interrompere la serie negativa di cinque sedute consecutive in calo, ribaltando una apertura in discesa e terminando a 76,5 dollari al barile.

Primo deciso rimbalzo anche per i due principali metalli preziosi – oro e argento – che rimbalzano entrambi del due per cento sfruttando sia il calo del dollaro che il momento di tensione sul settore finanziario.

Stesso percorso anche per le materie prime agricole con frumento in progresso di oltre il tre per cento ed il mais di quasi il due.

Sul mercato valutario il dollaro si indebolisce nei confronti dell’euro di quasi un’intera figura fino a 1,066.