La crisi bancaria mondiale: dagli Stati Uniti alla Svizzera

E’ bastata una settimana per riportarci indietro di quindici anni ai fallimenti a catena delle banche specializzate in operazioni ipotecarie, che furono poi nazionalizzate dal governo britannico dopo una frenetica corsa agli sportelli.

In questi giorni abbiamo assistito al collasso della Silicon Valley Bank (SVB), un istituto di credito californiano poco conosciuto ma che rappresentava la sedicesima banca per attivo patrimoniale del Paese, la quale ha provocato un effetto domino tra alcune banche regionali, in particolare sulla First Republic Bank: quest’ultima è stata momentaneamente salvata dai prestiti ricevuti dalle dieci più solide istituzioni finanziarie domestiche.

In aggiunta, nella ricca svizzera, si è aggravata la situazione di tensione finanziaria sul Credito Svizzero, banca già molto sotto i riflettori nel secondo semestre 2022 e oggetto di una importante fuga di depositi.

Crisi bancarie: perchè si ripetono ciclicamente

Banalmente potremmo parlare di corsi e ricorsi storici. Ciclicamente i sistemi bancari di diversi Paesi sono andati sotto pressione per i motivi più disparati, ma soprattutto in seguito a crisi economiche locali, che hanno destabilizzato la moneta locale o provocato pesanti shock inflazionistici.

Una crisi bancaria mondiale – La responsabilità delle banche centrali

Negli ultimi decenni le crisi bancarie si sono moltiplicate o comunque verificatesi con maggiore frequenza senza che le autorità monetarie dei Paesi coinvolti potessero prevenirle.

Al contrario, sembrerebbe che in molti casi possano essere la conseguenza delle loro politiche monetarie, ultra espansive prima e restrittive successivamente, attuate per un periodo troppo prolungato e con effetti negativi nel lungo periodo anche sul sistema economico.

Per il collasso della banca californiana SVB, la responsabilità è stata velocemente addebitata alla rapida ascesa dei tassi di interesse attuata dalla Federal Reserve da inizio 2022 per fronteggiare la brusca impennata del tasso di inflazione.

I rischi bancari e la gestione aggressiva degli assets

La responsabilità delle Banche Centrali è evidente, ma non si limita solo a quest’ultimo periodo.

In realtà, le istituzioni finanziarie dovrebbero solo beneficiare dell’incremento del margine di interesse, grazie al differenziale dei tassi che torna ad allargarsi dopo un decennio di artificiale compressione.

Anche le banche lavorano come un’azienda e si assumono di conseguenza un rischio imprenditoriale, che una volta era limitato al solo impiego diligente dei deposti che venivano loro affidati dai depositanti e che l’Istituto dovrebbe essere in grado di restituire in qualsiasi momento e per l’intero importo versato o richiesto dal cliente.

I derivati e la leva finanziaria

Le Banche, al pari delle grosse istituzioni finanziarie (assicurazioni e fondi di investimento), non limitano tuttavia i loro investimenti al mero impiego della raccolta attraverso prestiti alla clientela.

Oltre all’investimento in titoli di debito, soprattutto pubblico ma anche privato, tra le attività in bilancio si trovano frequentemente strumenti derivati anche con leva finanziaria.

Tuttavia, questi ultimi sono inseriti nello stato patrimoniale al prezzo di acquisto e non a quello di mercato, cosicché le perdite non vengono contabilizzate e vengono rese note solo in presenza di grossi squilibri tra attivo e passivo, spesso non più sostenibili e che innestano lo stato di crisi.

Il crescente livello di rischio

Le crisi precedenti non sembrano aver insegnato nulla, in quanto il livello di rischio delle istituzioni creditizie continua ad essere troppo elevato.

A loro parziale discolpa è vero che un decennio di bassi tassi di interesse le ha spinte alla ricerca di rendimenti alternativi ad alto rischio, ma questo non giustifica il perpetuarsi, a scadenze sempre più frequenti, di nuove crisi che, in una economia ormai super globalizzata, mettono a rischio la stabilità del settore finanziario e si ripercuotono poi velocemente anche sull’economia, come avvenne anche nel 2008.

La situazione attuale

Le rispettive Banche Centrali – statunitense e svizzera – faranno il possibile per mettere un freno alla crisi ed evitare pericolosi contagi ad altri Istituti creditizi.

Negli Stati Uniti il problema è quello della sfiducia già diffusa tra i risparmiatori delle piccole banche, che stanno trasferendo i conti in quelle più grandi ritenute più solide (“too big to fail”).

In Europa i nominativi delle banche meno solvibili sono ormai note da tempo e si rischia che vengano prese di mira, prima dalla speculazione e successivamente dai risparmiatori.

La corsa agli sportelli è uno degli aspetti più pericolosi e terminali di una crisi bancaria e deve essere sicuramente evitata.

I mercati finanziari

Quelli azionari europei ne hanno risentito più di Wall Street dove peraltro è scoppiata la crisi.

I bond sono diventati bene rifugio con un forte calo dei rendimenti, al pari dell’oro che ha messo a segno la migliore settimana dell’anno e delle criptovalute, tornate in auge come possibile moneta di scambio.

Questa settimana sarà ricca di spunti, compresa la riunione della Federal Reserve, per capire come verrà contenuta la crisi e l’impatto sui mercati.