Mercati Usa – Pesa ancora la crisi bancaria

Wall Street chiude la settimana in sofferenza sotto la spada di damocle della crisi bancaria, non ancora risolta e dalle implicazioni (effetto domino) non del tutto chiare.

Silicon Valley Bank, la sedicesima banca del Paese per assets ed il secondo fallimento per dimensioni della storia americana, non ha ancora trovato un compratore disposto a subentrare. Continua, diversamente il sostegno delle principali istituzioni bancarie alla First Republic Bank con una serie di prestiti che hanno raggiunto i 30 miliardi di dollari mentre il titolo è sprofondato ai minimi storici.

In Europa, dove la crisi ha fatto più danni sui mercati azionari continentali, si attendono le decisioni di UBS e della Banca Centrale Svizzera sul salvataggio dell’agonizzante Credit Suisse.

Il Nasdaq (-0,7%) si difende meglio rispetto agli altri listini principali che accusano discese oltre il punto percentuale tra lo S&P500 (-1,1%) ed il Dow Jones (-1,2%). Crolla, invece, il Russell 2000 (-2,6%).

Tra i titoli principali in evidenza Fedex (+8%), in scia a risultati ampiamente al di sopra delle attese, e Meta (-4,5%) con segno opposto.

VIX in forte ascesa (+11%) a 25,5 punti.

Sul mercato obbligazionario ripida discesa dei rendimenti con il Tbond che cede quattordici punti base fino al 3,44%, mentre il titolo biennale cede 124 bps in cinque sedute, un record superato solo nella settimana del crash dell’ottobre 1987.

Tra le materie prime, il petrolio torna a scendere con decisione (-3%) fermandosi poco al di sopra dei 66 dollari al barile, mentre il rame si apprezza di un punto percentuale.

Seduta effervescente, invece, per entrambi i due principali metalli preziosi – oro ed argento – i quali sfruttano la tensione sui mercati finanziari e diventano un bene rifugio per gli investitori in uscita dagli assets più rischiosi. Il metallo più pregiato guadagna il 3,7% avvicinandosi ai 2.000 dollari l’oncia e mettendo a segno un rialzo superiore al sei per cento nella settimana, mentre l’argento sale di quasi il cinque per cento.

Sul mercato valutario il dollaro perde meno di mezza figura scivolando a 1,067 rispetto alla moneta unica.