MERCATI USA – Accentuano la fase negativa

Wall Street registra una giornata piuttosto complessa con gli indici che scivolano progressivamente, incapaci di alcuna reazione, terminando in perdita di oltre il punto e mezzo percentuale, ad eccezione del Dow Jones, e sui minimi intraday.

Il bilancio finale vede Il Nasdaq in calo dell’1,8%, Russell 2000 e S&P500 entrambi dell’ 1,6% e l’indice dei trenta titoli principali dell’1,1%.

Alla base di questa debolezza il solito mix di ascesa dei rendimenti obbligazionari e dell’oro nero, congiuntamente alla forza del dollaro.

In aggiunta, il parlamento americano non ha trovato l’accordo sul contenimento delle spese statali e il governo rischia un nuovo “shutdown” – la chiusura di alcune attività statali – per mancanza di fondi dal 2 di ottobre.

In rosso tutti i principali titoli tecnologici con perdite significative che oscillano tra l’oltre il quattro per cento di Amazon e AMD ad oltre il due e mezzo di Nvidia, Tesla e Alphabet (Google).

Esplode la volatilità con il VIX in rialzo del sedici per cento a quota 17,45 punti.

Sul mercato obbligazionario i rendimenti schizzano di dodici punti base sulla scadenza decennale fino al 4,49%, raggiungendo su tutta la curva dei tassi i livelli più elevati dal 2007.

Tra le materie prime il petrolio scivola inizialmente fino a 88 dollari al barile, ma recupera nel finale chiudendo in rialzo di mezzo punto percentuale e di nuovo al di sopra dei $90.

Giornata più complicata invece per i due principali metalli preziosi che soffrono sia il rialzo dei rendimenti che la forza del biglietto verde. L’oro cede l’1,2%, mentre l’argento solo mezzo punto percentuale recuperando un calo iniziale di oltre il tre per cento.

Sul mercato valutario, il dollaro recupera lo scivolone iniziale nei confronti della moneta unica fino a 1,073 chiudendo invariato nel finale a 1,066. Nuovo minimo storico per la lira turca che raggiunge quota 27,15 rispetto alla divisa americana, malgrado l’aumento del tasso ufficiale di sconto di ben 500 punti base, da parte della Banca Centrale domestica, dal 25 al 30% nel tentativo di porre un argine alla dilagante inflazione.