Il picco negativo raggiunto dalle materie prime alla fine dello scorso gennaio ha rappresentato la bandierina di partenza per un rally di diverse di loro, sia tra le più note che tra quelle meno conosciute o di valore inferiore.
Oltre al petrolio che ha realizzato un balzo del 100% rispetto ai minimi del 20 gennaio 2016, anche il ferro grezzo ha innescato un recupero prodigioso che, tuttavia, si è realizzato quasi integralmente dopo l’elezione di Trump.
Questo metallo grezzo, utilizzato nella lavorazione dell’acciaio, ha toccato i minimi a 40 dollari la tonnellata congiuntamente al crollo di diverse materie prime durante lo scorso gennaio.
Da quel momento, il recupero è stato inarrestabile ed è arrivato fino agli $82 delle scorse sedute.
Tale movimento è giudicato da diversi analisti eccessivo ed ingiustificato rispetto ai fondamentali e risiede principalmente nelle aspettative di un futuro incremento della domanda di importazioni da parte della Cina che non si è affatto verificato. L’euforia si è ulteriormente alimentata da inizio anno in previsione della settimana del Capodanno Lunare cinese che si festeggia a cavallo tra gennaio e febbraio.
In particolare, la speranza di nuovi sostegni monetari all’economia cinese, congiuntamente all’aumento delle importazioni, ha alimentato questo rialzo immotivato in assenza di fondamentali reali ed in presenza del calo dell’output di acciaio.
Di conseguenza, aumentano le Cassandre che prevedono una significativa correzione del prezzo se non addirittura un vero crollo nel corso del corrente anno, malgrado l’outlook per le maggior parte delle materie prime sia invece ancora positivo.
Alcune banche d’affari stimano una discesa fino a $53 nel terzo trimestre.
Il balzo del ferro grezzo ha, inoltre, risollevato le sorti dei titoli delle miniere che estraggono il minerale e trascinato al rialzo anche dei mercati azionari più esposti alle oscillazioni delle quotazioni delle materie prime come la Borsa di Sidney.
La quotazione del metallo ha raggiunto durante la settimana il prezzo di $82,69 la tonnellata, vicina al picco di $83,65 del 16 gennaio, raggiungendo i livelli dell’ottobre 2014.
In Australia, BHP Billiton Ltd è salita del nove per cento da inizio anno, seguita anche da Rio Tinto Group and Fortescue Metals Group Ltd, mentre la brasiliana Vale SA ha guadagnato il 39% nel 2017.
Secondo Goldman Sachs sarà proprio l’eccesso di offerta australiana e brasiliana ad aggiungere ulteriori pressioni ribassiste sul prezzo, in aggiunta al già previsto rallentamento della crescita cinese.
COMMENTO
La discesa del petrolio, iniziata nel luglio 2014 trascinò con sé nella caduta l’intero paniere delle materie prime. Allo stesso tempo, la ripresa delle quotazioni dallo scorso gennaio ha avuto sempre il greggio come protagonista trainante.
Le previsioni delle quotazioni dell’oro nero sono stabili ed in leggera crescita per l’anno in corso, grazie al taglio della produzione mondiale siglato a fine novembre.
Sarà, di conseguenza, interessante vedere se l’annunciata débacle di Davide (ferro grezzo) riuscirà a far deragliare il trend positivo di Golia (petrolio).