Date le difficoltà nel reperire gli 1,2 miliardi di ulteriori fondi privati pretesi dalla Commissione Europea per dare il proprio ok alla ricapitalizzazione precauzionale delle due banche venete, il Governo starebbe lavorando a una soluzione diversa per il riassetto. Il progetto partirebbe dalla separazione delle attività in bonis da quelle non performing, con le prime che verrebbero messe in vendita, mentre le seconde confluirebbero in un veicolo creato appositamente.
Sembra sempre più prendere corpo l’ipotesi di una liquidazione che preveda la creazione di una bad bank per i crediti deteriorati e la vendita separata delle attività in bonis per Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, su cui potrebbero emergere novità nel week end. È quanto riportano alcuni rumor di stampa.
La modalità tecnica studiata dal Governo, con l’ausilio di Bankitalia, presupporrebbe innanzitutto il deconsolidamento dei crediti deteriorati in seno alle due banche, i quali confluirebbero in una bad bank creata ad hoc. Quest’ultima sarebbe ricapitalizzata dallo Stato attingendo dai 20 miliardi messi a disposizione con il decreto salva-banche.
L’obiettivo sarebbe quello di dividere la parte ‘malata’ della banca da quella ‘sana’, con gli asset ancora performanti che verrebbero messi sul mercato. Tra di essi vi sarebbero le filiali con i rispettivi depositi e crediti in bonis, il risparmio gestito, i centri corporate e il portafoglio dei titoli pubblici.
L’eventuale cessione di questi asset sarebbe curata da Rotschild, l’advisor scelto dall’esecutivo per sondare i potenziali investitori interessati a partecipare al dossier nel minor tempo possibile.
Tra le banche che sarebbero disposte ad entrare nella partita vi sarebbero Intesa, Unicredit, Icrrea (holding di una parte delle banche cooperative) e Bnl Bnp Paribas, a cui l’advisor avrebbe fatto recapitare un info memo.
Per gli istituti l’operazione potrebbe avere una valenza industriale in quanto le due banche operano in uno dei punti principali del tessuto produttivo italiano oltreché una convenienza economica a livello di prezzo che sarebbe possibile spuntare.
Questa eventualità è stata presa in considerazione a causa delle difficoltà riscontrate nel reperire gli 1,2 miliardi di fondi privati aggiuntivi richiesti dalla Commissione Ue per dare il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale, nonché dalla resistenza del’organismo europeo ad abbassare le proprie pretese su pressione del Tesoro.
Ieri, intanto, una portavoce della Commissione Ue ha sottolineato: “La Commissione, il Meccanismo di Vigilanza Unico e le autorità italiane stanno lavorando fianco a fianco. Sono in corso contatti costruttivi per raggiungere una soluzione praticabile in linea con le regole della Ue. Si stanno facendo buoni progressi a questo riguardo”.