Mercati Usa – Centrano il rimbalzo in apertura

Partenza positiva per Wall Street dopo i ribassi diffusi segnati nella seduta di ieri anche a causa dell’ennesimo rinvio del voto sulla riforma sanitaria, che ha alimentato nuovamente i timori sulla capacità di Trump di portare avanti il proprio programma politico dato l’ostruzionismo di una fetta del partito repubblicano al Senato.

Dopo pochi minuti di scambi il Dow Jones e lo S&P 500 avanzano dello 0,5%, staccando di due decimi di punto percentuale il Nasdaq (+0,3%), il più penalizzato nella vigilia.

La flessione di ieri, infatti, era stata guidata dal nuovo sell off sui titoli tecnologici, complice anche la multa da 2,42 miliardi di euro inflitta a Google da parte dell’Antitrust europeo, con gli investitori che sembrano preoccupati dal possibile scoppio di una bolla tech.

A parziale conferma di tale ipotesi sono arrivate ieri le parole di Janet Yellen e Stanley Fisher, rispettivamente presidente e vice presidente della Fed, secondo i quali i mercati presentano valutazioni molto elevate.

Intanto, il dollaro ha recuperato terreno nei confronti della moneta unica, con il cambio EUR/USD che si mantiene comunque in prossimità dei massimi toccati in seguito alle dichiarazioni di Draghi. Secondo alcune indiscrezioni, fonti interne alla Bce avrebbero riportato che i mercati hanno mal interpretato le parole del presidente dell’Eurotower, il quale comunque aveva semplicemente evidenziato alcuni segnali di rafforzamento della ripresa della zona euro, senza fare riferimenti espliciti ad un inasprimento della politica monetaria.

Tra le materie prime, poco mosso il petrolio con il Brent a 46,7 dollari ed il Wti a 44,1 dollari in attesa della pubblicazione da parte dell’Eia dei dati settimanali sulle scorte Usa, con le statistiche dell’Api che hanno evidenziato ieri un inatteso aumento.

Nel settore del reddito fisso, invece, il rendimento del T-bond riparte in area 2,21%, sostanzialmente stabile rispetto ai valori della vigilia.

Attesa per oggi, infine, la relazione della Fed sulla seconda parte degli stress test sulle banche americane, come richiesto dal Dodd-Frank Act, relativi alla capacità dei maggiori istituti americani di procedere con i propri piani di distribuzione di capitale agli azionisti.