Mercati – Ancora centrale il tema tassi

L’inflazione in Europa rimane ben al di sotto del target stimato dalla Banca Centrale Europea. In Germania, nonostante i 4 anni di crescita ininterrotta, l’inflazione si attesta solo all’1,5 per cento. Il Vecchio Continente, così come il Giappone, ha un problema di invecchiamento della popolazione, che porta maggiori rischi di deflazione piuttosto che una vera e propria inflazione. Sempre in Germania, nonostante l’export cresca in maniera costante, i consumi rimangono bassi. La Banca Centrale Europea prosegue con la riduzione degli stimoli monetari da 80 miliardi a 60 miliardi al mese, annunciando velatamente un graduale ritiro delle operazioni di Quantitative Easing. Inoltre, il calo del costo del petrolio, accompagnato dalla rivalutazione dell’euro, allontana ancora di più l’Europa dal suo obiettivo di inflazione.

Lo scenario che avremo sarà probabilmente quello di  tassi di interesse a breve  leggermente più alti pur rimanendo comunque su livelli molto bassi. Le riforme in Europa non stanno dando i risultati sperati almeno nei tempi e il confronto con gli Stati Uniti è d’obbligo: gli ultimi dati sui nuovi posti di lavoro hanno fatto registrare un ulteriore calo della disoccupazione, portando il tasso al 4,4%. Dato che segnala una piena occupazione perchè al di sotto del 5 per cento. Nel frattempo, la FED, la banca centrale americana, continua nel suo programma di rialzo del tassi.

L’impatto a breve che stiamo vedendo di debolezza sul dollaro è il risultato, probabilmente, di un effetto di coperture sulle posizioni in euro proprio per i segnali di rialzo dei tassi in Europa, che rende meno conveniente il carry trade. Ma non c’è inflazione e al Vecchio Continente conviene un euro debole per poter esportare. Secondo alcuni analisti un rialzo del costo del denaro da parte di Francoforte, in questa fase, non solo non aiuta la spinta economica dell’eurozona, ma riporta gli investimenti su Treasury Bond decennali che garantiscono comunque un rendimento superiore (2,39% contro lo 0,6% del Bund).

Secondo diversi esperti, il cambio euro/dollaro dovrebbe attestarsi in un intervallo tra 1,05 e 1,15, e la curva dei tassi dovrebbe diventare ancora più ripida. Per la fine dell’anno ci si attende che il Bund tedesco possa raggiungere un rendimento intorno allo 0,9%, restando comunque più basso rispetto al T Bond Usa, mentre nel brevissimo l’euro potrebbe perdere parte della forza recente.

Concludendo: i tassi di interesse in Europa rimarranno bassi per un lungo periodo. I paesi europei molto indebitati, tra cui l’Italia, potranno continuare a godere del basso costo del denaro e continuare a rincorrere le riforme volte ad una crescita fondamentale, cosa che altri paesi, come la Spagna, hanno già fatto.